Marinando issa le vele per tutti

Rimini

RIMINI. L’obiettivo di un uomo di mare è che i propri concittadini capiscano l’importanza del mare stesso, non solo della spiaggia cosa che a Rimini viene spesso confusa. L’obiettivo di Marinando, associazione di volontariato nata nel 1999 con base al Ponte di Tiberio è quello di aiutare i ragazzi con ogni tipo di disagio, da quello fisico a quello sociale, a conoscere e rispettare il mare e l’ambiente marino. E lo fa grazie all’insegnamento della vela soprattutto, ma non solo: «Siamo molto vicini a Legambiente e collaboriamo con altre realtà della zona come il Museo della Marineria di Cesenatico o le Navi a Cattolica, per fare un esempio» spiega Enzo Pastore, responsabile di Marinando. «Il miglior modo di rispettare il mare è conoscerlo e noi vogliamo che lo conoscano anche quei ragazzi che hanno più difficoltà ad avvicinarsi a questa realtà. Abbiamo la possibilità di imbarcare chi ha disabilità fisiche con la carrozzina grazie alla Gru per scarico e carico, ottenuta dalla Lega Navale di Rimini in collaborazione con altre associazioni locali, poi da loro donata al Comune che la mette a disposizione per chi ne ha bisogno».

Marinando è impegnata sul territorio con progetti dedicati a ogni tipo di disabilità: dall’accordo con l’Associazione Italiana Ciechi alle attività con i ragazzi del carcere. Ma perché scegliere la barca come strumento di integrazione? La risposta di Pastore è semplice: «La barca crea un mondo parallelo, un microcosmo dove si possono simulare azioni che hanno effetto immediato, mi spiego: ai ragazzi dico sempre che se si lavano i denti come a casa, lasciando il rubinetto aperto, il terzo non potrà farlo perché l’acqua sarà finita. E per ogni disabilità ci vuole un approccio e una sensibilità diversi. Seguiamo tanto il progetto Crescere Insieme con i ragazzi con sindrome di Down ma anche diversi programmi con ragazzi autistici. Nell’ultimo anno abbiamo rallentato il ritmo, non ci siamo fermati ma facendo base al Ponte di Tiberio che ha subito qualche lavoro di ristrutturazione abbiamo approfittato per sistemare l’imbarcazione presa grazie all’accordo con L’unione Italiana Ciechi. Ma cosa ancora più importante, abbiamo avuto la possibilità di rafforzare i nostri volontari: con il centro servizi per il volontariato abbiamo tirato su una bella squadra, anche di armatori. Bisogna essere skipper sensibili per fare questo lavoro e così ora abbiamo una flotta di 6 barche da 47-56 piedi più una per l’unione ciechi, non ci sono molte associazioni come noi nell’Unione Italiana Vela Solidale che si può vantare di avere tante imbarcazioni per i propri ragazzi».

Con l’arrivo del freddo e con l’accorciarsi delle giornate l’attività di Marinando non si ferma mica, anzi: «Stiamo ripartendo bene, vorremmo fare molte attività con le scuole del territorio con anche uscite in mare di mezza giornata, magari fino a Cattolica alla Fondazione Cetacea di Riccione, le scuole possono contattarci. Poi per la primavera prepariamo percorsi per le scuole riminesi, ma anche per quelle che ci scelgono da fuori, dove le portiamo al Museo della Marineria di Cesenatico, alle Navi a Cattolica o da qualche altra parte nella zona ma tutto in barca. Si sta via 2 o 3 giorni, “giochiamo” con la matematica e tutte le altre materie sfruttando la barca».

Ma Enzo Pastore, insieme a Marinando ha anche un sogno: «Sì, abbiamo un progetto che stiamo cercando di concretizzare: ci serve qualche soldo, non tanti ma qualcuno sì perché vogliamo fare un equipaggio con ragazzi con sindrome di down da portare alla Barcolana, magari già per questo campionato invernale, dei nostri ragazzi hanno già fatto la Brindisi-Corfù. Con l’Unione Italiana Ciechi abbiamo in programma da marzo di organizzare regate per non vedenti, come Marinando siamo anche base di Omerus che opera sul lago di Garda, dove fanno match race con ragazzi ciechi, la guida è sulla barca ma deve intervenire solo in caso di pericolo, i velisti non vedenti regatano con boe che emettono segnali acustici, le barche a prua hanno un sensore. Loro riescono a fare cose che noi cosiddetti normodotati non riusciamo fare. Quando mi chiedono come faccio a insegnare loro e rispondo che non lo so, non lo so davvero».

Quindi rimane un solo messaggio: «La barca è uno strumento stupendo per l’integrazione. Noi le barche le abbiamo, adesso dobbiamo salpare».

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