Plastica a mare e problemi a monte

Venerdì scorso, in occasione dello sciopero per il clima, prima di ritrovarsi in piazza gli studenti riminesi sono andati a ripulire la spiaggia. Domenica a Gabicce 120 amici volontari si sono ritrovati per ripulire 500 metri della spiaggia libera, raccogliendo 250 chili di plastica. Ieri 200 persone a Cervia. In altre realtà studenti e volontari si organizzano per monitorare o ripulire fiumi, alvei e parchi. Mi ha colpito l’ironica riflessione - provocazione di Annamaria Barilari, attivista del comitato riminese “Basta plastica in mare”. «Questa storia di raccogliere la plastica ci sta sfuggendo di mano, - ha commentato - stiamo diventando tutti spazzini, (io in primis) perdendo di vista il problema! Dobbiamo dire no alla valanga di plastica che ci arriva dal mare, dobbiamo diventare più consapevoli quando la utilizziamo, conferendola in maniera corretta. Iniziamo veramente e subito a dire di no al monouso abbandonando le bottigliette di plastica per una borraccia. Basta poco!» Ha ragione Annamaria. Il problema, mai come in questo caso, è a monte del mare. Mentre ripuliamo le spiagge (e per non rendere vano l’ottimo lavoro dei volontari che si mobilitano) dobbiamo anche evitare che la plastica ci arrivi. E per evitare che ci arrivi bisogna diminuirne il consumo (oltre che smaltirla correttamente). Come al solito, quando si parla di ambiente o di altre tematiche così vaste e complesse, i nostri comportamenti quotidiani da soli non risolvono il problema, ma nel loro piccolo possono contribuire. La bottiglietta di plastica usa e getta – per prendere l’esempio citato da Annamaria - è comoda da portarsi appresso, ma la borraccia riutilizzabile è sicuramente più ecologica. L’ingombro non cambia di molto, l’unico sforzo in più che comporta è ricordarsi di riempirla prima di uscire. Mentre sosteniamo giustamente la mobilitazione per chiedere alle grandi aziende di ridurre (o sostituire) gli imballaggi in plastica, possiamo intanto rendere più consapevole la nostra spesa di tutti i giorni con le sole nostre scelte: scegliendo i prodotti “anche” in base al loro imballaggio. E domandandoci ogni volta che ci troviamo di fronte ad un prodotto “plastificato” se esiste un’alternativa e se davvero non possiamo farne a meno. Dovrebbe diventare un meccanismo automatico di fronte ad ogni nostro acquisto: pensare a quale parte utilizziamo e dove va a finire tutto il resto (imballaggio e quant’altro). Poi decidere se quell’acquisto vale la pena, per noi e per l’ambiente. Infine, piatti, bicchieri, posate, cannucce in plastica usa e getta sono sicuramente comodi (esistono già alternative ecologiche, ma al momento sono indubbiamente molto più costose). Ce li troviamo “imposti” in quasi tutte le occasioni all’aperto. Ma intanto potremmo abolirli in casa nostra, quando organizziamo feste o raduni numerosi. Certo, dovremo poi perdere più tempo a lavare piatti e bicchieri, ma la cura dell’ambiente dopo tutto è giusto che comporti un minimo di fatica in più, ci fa sentire più coinvolti e responsabili...

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