"Nessuna verità", opera postuma di Carnoli alla Oriani di Ravenna

«Ho sempre provato inquietudine verso ciò che è accaduto, con la curiosità e la voglia di capire, sempre insoddisfatto delle precedenti letture e delle precedenti interpretazioni. L’obiettivo? Nessun rimpianto, nessuna condanna, nessuna verità».

C’è tutto Saturno (Nino) Carnoli in questa frase che apre con elegante sincerità l’ultima sua fatica storico letteraria, firmata insieme a Cesare Albertano. Un libro “Nessuna verità”, appunto, edito da Ponte Vecchio che verrà presentato oggi alle 17.30 alla Sala Spadolini (insieme al direttore dell’Oriani Alessandro Luparini) e che esce a due anni esatti dalla scomparsa dell’intellettuale ravennate ucciso dal covid durante la prima ondata del virus.

Volume prezioso e inusuale che ha solo un grande incolmabile difetto: non poterne discutere anche con Nino e non solo con il bravissimo Cesare Albertano, a cui è toccato l’onore letterario e l’onere umano di completare un’opera ideata e scritta insieme a Carnoli poco prima che il coronavirus stravolse i destini del mondo.

Il risultato è un romanzo avvolgente ma scritto con il rigore dello storico. Quasi 300 pagine in cui tutto è rigorosamente vero, tranne i due personaggi a cui è affidato il compito di dipanare le vicende che, tra il 1946 e il 1948, turbarono Ravenna. Tre omicidi: quello di Mario Baroncelli (direttore dell’associazione agricoltori), quello del giovanissimo giornalista repubblicano ed ex partigiano Marino Pascoli e quello (forse il meno conosciuto di tutti) del poliziotto Marsilio Piermattei; ucciso in pieno giorno nel Borgo San Rocco nel 1948 a pochi mesi dalle elezioni politiche. I primi due casi non hanno mai trovato un colpevole, sebbene la matrice apparisse (quasi) chiara. Mentre il terzo si risolse invece così presto (l’autore confessò) da sembrare paradossalmente insoluto, perché forse capire i mandanti sarebbe stato l’unico modo di arrivare alla piena verità. Ma attraverso i suoi personaggi Carnoli e Albertano vanno oltre. Si dilettano nel noir per deliziare i lettori, ma in realtà si capisce subito che la loro vocazione è princpalnte storica. Perché il vero protagonista del romanzo è in realtà una domanda, anzi più di una: c’è un legame tra quei tre delitti?

La morte del medico entrato in collisione con una parte radicale del Pci e quella del giornalista accusato di essere una spia sono legate da un solo mandante? E davvero la morte di Piermattei può ascriversi unicamente al gesto di un ladro di polli? Che fine fece la sua agenda? E’ un caso che il detentore di quel documento – il fratello – fece pochi anni dopo la stessa tragica fine?

La risposta, anzi le risposte, sono nelle carte che gli autori gettano sul tavolo. Insieme a foto, articoli d’epoca e documenti (in parte anche inediti). Comunque la si pensi a riguardo di sicuro il libro di Albertano e Carnoli dopo decenni di ottimi saggi sull’argomento ha il merito civile di rilegare tutto, di fare ordine. Un’operazione tutt’altro che scontata che in questa città per decenni si è spesso scontrata con un clima politico che non favoriva l’operazione. Né quella sui presunti mandanti, né quella sulle vittime.

E rieccoci dunque alla frase iniziale. “L’obiettivo? Nessuna condanna, nessun rimpianto e nessuna verità”. Quella voglia di capire e basta, che riporta al centro di tutto il dubbio come esercizio di laicismo, che poi sarebbe anche il vero ruolo di ogni intellettuale che si rispetti.

L’ultima grande lezione – purtroppo postuma – di Nino Carnoli.

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