Neri: "È stato un vero disastro per sport,cultura e spettacolo"

La situazione rimane difficile ma la volontà di disegnare un futuro ed esserne protagonisti c’è tutta. Più la speranza della preoccupazione, più l’intraprendenza dello sconforto, con “la consapevolezza dell’esistenza di nuovi strumenti per ripartire con cui misurarsi”. Mauro Neri, presidente di Confcooperative Romagna, riscontra fiducia e voglia di ricostruire. Ma vede anche serie criticità.

Neri, partiamo da qui. State compiendo un monitoraggio della vostra realtà, con interviste compiute in ogni cooperativa. Dove si riscontra la situazione più difficile?

«Nel contesto della cultura, dello spettacolo, dello sport e del turismo. Qui, senza girarci attorno, è un disastro. Soffrono gli hotel, le grandi realtà del turismo romagnolo. Ma la situazione è ancora più grave in quelle società che sono un valore aggiunto della nostra accoglienza, della nostra vivacità culturale a livello diffuso».

A cosa si riferisce?

«Alle piccole aziende, non particolarmente strutturate o capitalizzate. Pensiamo alle compagnie teatrali, alle cooperative che gestiscono un rifugio o un ostello. I ristori non sono adeguati a far fronte a queste difficoltà, e rischiamo di perdere per prime quelle realtà che erano al limite fra la struttura economica e quella di volontariato. Mondi che esistono per la loro funzione sociale, senza cui vivremmo un depauperamento delle nostre comunità. E dire che avevamo grandi attese per questo 2021».

Per il Settecentenario dantesco?

«Certo. Bisogna lavorare perché l’annus mirabilis non diventi horribilis. Giustamente si parla di traslare su parte del 2022 alcuni eventi, ma ricordiamoci che per la cultura la ripresa sarà più difficile. Con le piattaforme digitali stanno cambiando costumi, modalità di fruizione e la crisi può diventare irreversibile. Per questo stiamo valutando di introdurre un meccanismo di solidarietà. Una cooperativa che sta meglio può adottare una che va peggio, per non impoverire il tessuto nel suo complesso».

E dove la situazione è più rosea?

«L’agroalimentare, al netto dei danni da squilibrio climatico, regge. Anche l’ambito del sociale: è stato sotto forte stress dal punto di vista sanitario, però ha lavorato. L’edilizia, ancora non è uscita dalla crisi del 2010, ma col 110 per cento si vede una prospettiva».

E vedete qualcosa muoversi?

«Sì. Nei primi tre mesi sono nate otto nuove cooperative, ma nel nostro piano di sviluppo prevediamo di costituirne 20 nel 2021. Abbiamo tutti gli strumenti per guardare avanti, e anche il Governo ne ha aggiunti: il superammortamento, gli incentivi 4.0. Piano piano si stanno anche chiarendo le linee guida su cui si deve improntare il nuovo modello di sviluppo, attraverso il Recovery plan. Quindi difesa idrogeologica, digitalizzazione, medicina di territorio. Le opportunità però vanno colte, perché si salverà chi saprà leggere il futuro e investirà ora».

Parliamo di un piano infatti da mettere velocemente in pratica, e l’organizzazione non è una forza del sistema italiano. Voi come pensate di sopperire?

«Riscontro grande fiducia e consapevolezza della necessità di fare sistema. Stiamo cercando di costituire un consorzio edile dove aggregare le trenta cooperative del settore, perché l’Ue ci dice di fare un enorme sforzo. Spendere 200 miliardi in sei anni, ma con risultati certificabili. Per essere all’altezza bisogna unire funzioni e conoscenze. Il nuovo scenario poi infonde ottimismo e speriamo che anche lì ci sia uno sforzo comune per una nuova fase».

Siamo però lontani dall’uscita dall’emergenza sanitaria. Voi come vi ponete sulla possibilità di vaccinare in azienda?

«Da un’indagine interna abbiamo riscontrato un’amplissima disponibilità a mettere a disposizione le proprie strutture per la vaccinazione di soci e dipendenti. Abbiamo infermieri, medici, cooperative di sanitari nostri aderenti. A livello nazionale, attraverso il presidente Gardini, abbiamo aperto con decisione. È chiaro che però abbiamo visto come il sindaco di Forte dei Marmi, luminare della cardiologia, abbia dovuto attendere tre mesi e il risultato di un test per essere abilitato a fare un’iniezione. Il tema della responsabilità legale va sciolto, perché potrebbe essere un ostacolo».

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