Nelle foto di Bruss la sfida alla natura universale

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Metafore dei celebri giardini giapponesi, le immagini di Ryan Bruss per la prima volta in Italia fino al 10 ottobre (ingresso libero) alla galleria Il Vicolo. La mostra “Sulle ombre di muschio. Uchi-Soto” è un’idea concettuale di quei luoghi: «concepiti sin dall’antichità – ha scritto l’esperta di arte dei giardini Paola Maresca – come corpus dalle profonde simbologie».

Per l’artista-fotografo americano, docente di Semiotica del linguaggio applicata alla scrittura creativa all’Università di Tokyo, «il discorso giapponese rappresenta una sfida alla natura universale. Il sé e l’altro sono descritti in lingua giapponese in termini di uno spazio di coinvolgimento socio-psicologico, offrendo l’opportunità di nuove introspezioni sensoriali».

Bruss, per Henry Cartier Bresson la fotografia consisteva nell’allineare l’occhio, la mente, il cuore. In che modo, nella sua opera fotografica, l’esperienza dei giardini giapponesi è diventata necessità di allineare cuore e natura?

«Andando alla ricerca di una visione più profonda della natura e dei templi giapponesi, ho voluto applicare una maniera più intellettuale e concettuale, più aggressiva di fare fotografia, in un modo particolare e unico. In questi luoghi silenziosi ho voluto mostrare come la luce e l’ombra siano gli elementi creativi che donano la sensazione di profondità. Da qui il nome della mostra. “Uchi” significa “all’interno” ed è metafora del sé e dei giardini giapponesi, sempre riferito a essi come a uno spazio interiore. Il concetto psicologico del sé pervade ogni aspetto della società giapponese, divenendone la più bella espressione culturale».

In un mondo così profondamente segnato dalla parola “contagio”, che cosa significa «farsi contagiare dalla natura»?

«In Occidente un giardino, un parco naturale significano un luogo di totale libertà. Diversa la realtà di un giardino giapponese, puro e silenzioso, a cui si accede attraverso una porta che obbliga a inchinarsi e così si entra in una interiorità, quella che ho voluto descrivere con fotografie e haiku. Pietre indicano il cammino d’accesso e dei sentieri disegnati. Così si è come obbligati a seguire “i passi della storia”».

Il percorso fotografico va dal concetto allo spazio fisico del giardino, perché ogni spettatore possa avere una nuova fruizione, nuove modalità emotive, e l’innata bellezza naturale di uno spazio che definisce il sé attraverso il silenzio, l’intimità, l’ombra dei suoi recessi segreti.

«La fotografia in fondo è come uno specchio del giardino stesso, che è un mix tra natura e artificio, natura disegnata dall’uomo, ed è questo l’approccio che ho adottato. La delicatezza del muschio rappresenta l’enfaticità del cuore, è il vero cuore del giardino giapponese».

I passi devono ripercorrere l’esperienza di quelli che hanno camminato prima...

«Questo incontro particolare con i giardini giapponesi mi ha offerto la possibilità di andare alla loro scoperta attraverso attenzione alle aperture, alle pietre, ai percorsi, a tutto ciò che è stato creato come architettura dello spazio. Così ci si di rende conto che l’andatura è segnata passo passo passo, da ciò che viene “imposto”. La cultura giapponese è quella del “seguire”, invita a uscire da un percorso tradizionale, a seguire l’esperienza e la storia che traducono la profondità di questo spazio».

Apertura su richiesta dal lunedì al sabato 9.00-12.30 e 15.30-19.30. Info: 0547 27479

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