Nel nome del pane, il forno secondo natura che racconta la filiera

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DOVADOLA. “Nel nome del pane” suona un po’ come una preghiera ed è insieme anche un ringraziamento. Una preghiera con diverse parole che ricorrono: biologico, grani antichi, impastato a mano, artigianale, sostenibile, e anche famiglia. L’ha scritta Fabio Cappelletti, che non voleva fare il fornaio. «I miei genitori Maurizio e Annamaria, hanno aperto il loro forno a Dovadola nel 1979. Ricordo che mio padre lavorava ogni notte e quindi di giorno dormiva. Mia mamma si alzava prestissimo ogni mattina per aprire il negozio e tutti i giorni andava nel pomeriggio a rinfrescare la pasta madre. Mi raccontava che quando io e mio fratello non c’eravamo ancora dormiva nella stanzetta dietro al bancone e aspettava che mio padre portasse il pane appena sfornato. Hanno lavorato duro e fatto tanti sacrifici, e per un lungo periodo ho pensato che io non avrei mai fatto il fornaio». Poi qualcosa è cambiato, a volte crescendo ci si accorge di particolari che erano sfuggiti. E forse Fabio ha cominciato a vedere oltre quei sacrifici e ha scorto la gioia di lavorare negli occhi vispi del padre Maurizio e nel sorriso accogliente della mamma Annamaria che, ancora oggi, dopo 43 anni, si dividono fra laboratorio e bottega e sembrano davvero soddisfatti del loro lavoro, anche divertiti. Oggi con loro nel forno Cappelletti-Bongiovanni, ribattezzato “Nel nome del pane” lavorano anche i figli Fabio ed Enrico, il primo fa il pane, studia nuove soluzioni e racconta l’azienda, il secondo tiene in ordine ordinativi e approvvigionamenti, «e ci tiene in riga, sennò ci perdiamo in sfiaccole» ride Maurizio. «Nel nome del pane vuol dire diverse cose, 5 anni fa avevo creato una app per prendere le ordinazioni e volevo dare un nome che desse valore a questo alimento che accompagna l’uomo da millenni ma che ultimamente mi sembrava fosse svilito e sempre meno considerato – racconta Fabio –. A questo ho unito il pensiero della mia famiglia che lo fa da prima che nascessi».

Pane agricolo. Se “mangiare è un atto agricolo”, il concetto si accentua quando si parla di pane. «Mio padre Maurizio aveva già iniziato un lavoro sul lievito madre, il forno a legna e le farine di qualità molti anni fa – spiega Fabio –. Già negli anni Ottanta faceva tre tipi di biscotti senza zucchero e riforniva il primo gruppo macrobiotico di Forlì. La qualità delle farine è l’elemento essenziale, così, oltre a lavorare con il mulino Pransani di Montegelli che seleziona e utilizza grani solo romagnoli, dal 2018 abbiamo avviato anche un nostro progetto agricolo. Abbiamo affittato alcuni campi e coltiviamo grano e altri cereali. Dei circa 800 quintali di farina che utilizziamo all’anno, 250 quintali, oggi li produciamo noi a partire dal seme e dalla spiga». Da pionieri a meticolosi fautori della sostenibilità alimentare, la cura nella scelta dei fornitori, per certificarne anche la loro sostenibilità è infatti certosina, e il Forno Cappelletti-Bongiovanni dal 2019 stila il proprio “Bilancio Bene Comune” per raccontare il percorso dei propri prodotti e «di quei fornitori che fanno con noi la stessa strada e condividono una direzione», sottolinea Fabio Cappelletti. Tutto questo lavoro ha consentito di passare dai 30 chili di pane prodotti 43 anni fa ai 4 quintali di oggi senza tradire il proprio spirito originario, anzi rafforzandolo. E ampliando un’impresa famigliare che oggi conta 10 persone al lavoro, tutte giovani. «Siamo un’azienda fatta prima di tutto di persone – sottolinea Fabio –. Alcuni di noi per fare questo lavoro sono tornati o si sono trasferiti qui in montagna, come Giulia che è la responsabile della produzione dei biscotti».

I pani quotidiani e del mese. Ogni giorno almeno due dei tipi di pane prodotti sono impastati a mano e sul sacchetto viene indicato il nome di chi lo ha fatto, «perché la mano conta come la qualità delle farine e dell’acqua». Ogni mese viene poi proposto un pane speciale legato a un prodotto dell’orto o dei campi in base alla stagione. «Possono essere erbe spontanee, come ad esempio le senapi selvatiche a febbraio, o il tarassaco, gli stridoli o l’ortica quando ci sarà, a marzo abbiamo il pane alla canapa». Il pane prodotto viene venduto in parte nel negozio nel piccolo forno in piazza della Vittoria 6 a Dovadola, il resto viene consegnato in tutta la Romagna in mercatini e rivendite, comprese quelle Naturasì.

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