Nel mare Adriatico arrivano pesci e granchi tropicali

Rimini

Arrivano dai mari tropicali attraversando il Canale di Suez o approfittando del traffico navale a bordo di qualche mercantile diretto al porto di Ravenna: sono le specie aliene, pesci e crostacei tipici di acque esotiche e lontane ma sempre più presenti anche nell’Adriatico. Il fenomeno, come spiega Simone D’Acunto, direttore del centro ricerche del Cestha di Marina di Ravenna, è in crescita da anni: «Il fattore principale va individuato nel cambiamento climatico. L’acqua dell’Adriatico ha toccato picchi di temperatura superiori di 5 gradi rispetto alla media storica. Praticamente si sta trasformando in un altro ambiente».


I granchi blu

A trovarsi a proprio agio nel “nuovo” Adriatico sono gli animali più disparati. Ormai di casa, ad esempio, è il granchio blu americano, insediatosi nel territorio in forma sostanzialmente stabile, tanto che può capitare di pescarlo con una certa frequenza. Accertata da qualche anno anche la presenza di pesce serra e pesce balestra, mentre è più recente la registrazione da parte di Cestha del granchio nuotatore dell’Indopacifico, che rappresenta una vera e propria rarità: «In precedenza era stato avvistato solo una volta, nei pressi di Ancona – racconta D’Acunto – e noi lo abbiamo rintracciato due volte nelle acque di Ravenna. Si tratta del secondo e terzo avvistamento di questo granchio nell’Adriatico, è possibile che la sua presenza sia legata al traffico mercantile». La scoperta del crostaceo nel Mediterraneo è stata anche oggetto di alcune pubblicazioni scientifiche. Ancora più scalpore susciterebbe però la presenza del pesce scoiattolo, specie registrata per la prima volta in assoluto nell’Adriatico poche settimane fa, nel golfo di Trieste. Di fronte alle spiagge ravennati ancora nessuna traccia, in compenso è ormai regolarmente insediata la noce di mare, uno ctenoforo facilmente confondibile con una medusa.


Pericolo per le specie autoctone

La fauna passata in rassegna rappresenta sicuramente un ostacolo per le specie autoctone: in diversi casi è la loro stessa sopravvivenza ad essere messa a rischio dall’invasione di pesci dai tropici. «Le valutazioni andranno fatte quando si potrà disporre di una mole più ampia di dati – afferma D’Acunto – ma è evidente che sia il cambiamento climatico che l’ingressione di specie aliene sono più repentini rispetto alla capacità di adattamento degli autoctoni. Insomma, le conseguenze non possono che essere negative, anche perché le nuove specie sono più resistenti, si vedano ad esempio i granchi blu americani». D’altronde, lo stato delle risorse autoctone era critico già da prima: «L’Adriatico – sottolinea D’Acunto – resta ancora tra i mari più sfruttati al mondo. A livello di fauna, tra inquinamento e pesca intensiva le specie di interesse commerciale non se la passano bene. Ora per loro rischia di arrivare il colpo di grazia». Quale soluzione individuare, quindi, per evitare che i nuovi inquilini dell’Adriatico ne compromettano irrimediabilmente l’ecosistema? La strada sembra essere quasi a senso unico: «Le specie aliene – conclude D’Acunto – non hanno predatori naturali nel mare in cui vengono a trovarsi. Potrebbe essere proprio l’uomo ad assumere questo ruolo, pescando le specie edibili e mantenendone così il controllo».

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