'Ndrangheta in Riviera, vessazioni a dipendenti a Cesenatico

Cesenatico

Nell’inchiesta di Dda e Guardia di finanza sulle infiltrazioni della ‘ndrangheta, che ha portato a 23 misure cautelari e a beni sequestrati per 27 milioni di euro, emergono anche maltrattamenti a lavoratori a Cesenatico. Sono a carico di Alessandro Di Maina, 51 anni, residente a Cesenatico e colpito dall’obbligo di dimora; e dei Patamia padre e figlio. Il padre Rocco, 58 anni, residente a Monte San Pietro in provincia di Bologna; e il figlio Francesco, 34 anni, residente a Milano. Entrambi sono stati portati in carcere. Il figlio è stato anche candidato nelle recenti elezioni politiche nel centrodestra, nella lista a Piacenza di Noi Moderati di Maurizio Lupi. Secondo gli inquirenti i Patamia agivano come membri del cda del reggiano Fp Group, poi fallito, che gestiva la cesenaticense Dolce Industria srl, anch’essa fatta poi fallire. Invece Di Maina era inquadrato come lavoratore dipendente del Fg Group. Tutti e tre reclutavano personale, con Di Maina che gestiva la manodopera in diverse sedi a Cesenatico, assegnava le mansioni non sempre consone al ruolo dei lavoratori, li controllava minuziosamente anche su aspetti della vita privata. I lavoratori erano impiegati nel laboratorio cervese della società e anche in altri esercizi commerciali di Cesenatico in mano al Fp Group. Si tratta soprattutto di un ristorante - osteria sul lungomare e di un celebre chiosco, entrambi poi passati in mano a società che con la ‘ndrangheta non c’entrano niente, e di un bar pasticceria. In particolare le vessazioni avrebbero riguardato cinque dipendenti, due uomini fratelli gemelli di 20 anni e tre donne di 30, 21 e 19 anni, nell’estate 2018. Secondo l’indagine questi dipendenti sono stati sottoposti a orari di lavoro di 10-12 ore al giorno, senza riposi settimanali e senza godere delle ferie accumulate. Le retribuzioni erano palesemente difformi dai contratti di lavoro, ovviamente al ribasso. Addirittura non sempre venivano pagati gli stipendi .I due gemelli erano in un evidente stato di bisogno economico su cui gli uomini della ‘ndrangheta facevano leva, con improvvise visite nell’alloggio di servizio con minacce di licenziamento, obbligandoli anche a mansioni di pulizia con l’uso di acidi e sostanze corrosive senza le dovute e idonee protezioni. Un’altra dipendente che ha chiesto il pagamento delle ore eccedenti il contratto di lavoro è stata minacciata di licenziamento e obbligata ad andare con Di Maina al laboratorio di Cervia dove è stata costretta a sottoscrivere contestazioni disciplinari a suo carico per fatti mai avvenuti. Per le altre due lavoratrici altri episodi analoghi, ma anche per la più giovani di appena 19 anni la sottrazione del cellulare, l’accesso ai messaggi privati e umiliazioni a sfondo sessuale fino a quando non ha dato le dimissioni. Insomma, i lavoratori sono stati sottoposti a metodi di sorveglianza e a situazioni degradanti, con sfruttamento economico approfittando della loro necessità di mantenere il posto di lavoro.

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