Natalini: Ue e salute dei cittadini

Dopo le iniziali titubanze e incertezze, l’Unione Europea (in entrambe le “anime” che la compongono, ossia quella comunitaria e solidaristica rappresentata dalla Commissione Europea e dal Parlamento Europeo e quella egoistica-nazionale rappresentata dal Consiglio Europeo composto dai governi dei singoli Stati membri), sembra aver intrapreso la strada giusta per fronteggiare la drammatica emergenza sanitaria, economica e sociale esplosa con la pandemia da Covid-19.

Il Patto di Stabilità e Crescita, che peraltro consentiva già sforamenti del tetto del 3% in presenza di eventi eccezionali, è stato di fatto sospeso; la Commissione ha stanziato 37 miliardi di euro (a chi dice che sono pochi, ricordategli che il bilancio annuale UE gestito dalla Commissione medesima ammonta a circa 160 miliardi, l’1% del PIL europeo contro il 48/49% dei bilanci nazionali !!), Germania e Francia hanno autorizzato l’esportazione di mascherine e attrezzature sanitarie verso l’Italia, dopo l’iniziale blocco. Sommando le varie misure europee, si prevede una mobilitazione di risorse superiore a quella degli Stati Uniti. Non solo: si discute della creazione di Eurobond sanitari, ossia di titoli di debito pubblico garantiti dall’UE come tale, che costituirebbero la massima espressione di una reale solidarietà europea. La drammatica vicenda che stiamo vivendo è anche l’occasione per comprendere meglio quali sono i reali poteri dell’UE in materia di salute. L’art. 4 del Trattato sul funzionamento dell’UE (TfUE) stabilisce che l’UE ha competenza concorrente con quella degli stati membri per i “problemi comuni alla sicurezza in materia di sanità pubblica”. L’art. 168 del TfUE medesimo precisa che l’azione dell’UE completa (NON SOSTITUISCE) le politiche nazionali. In capo agli Stati membri, infatti, rimane “la responsabilità per la definizione della loro politica sanitaria e per l’organizzazione e la fornitura di servizi sanitari e di assistenza medica (…) e l’assegnazione delle risorse loro destinate”. Rispettando il principio di sussidiarietà, l’UE, invece, si “indirizza al miglioramento della sanità pubblica, alla prevenzione delle malattie e affezioni (..). Tale azione comprende la lotta contro i grandi flagelli, favorendo la ricerca sulle loro cause, la loro propagazione e la loro prevenzione (…) nonché la sorveglianza, l’allarme e la lotta contro gravi minacce per la salute a carattere transfrontaliero”.
I flagelli chiamano in causa la protezione civile, ed ecco che l’art. 196 del TfUE stabilisce che “L’Unione incoraggia la cooperazione tra gli Stati membri al fine di rafforzare l’efficacia dei sistemi di prevenzione e di protezione dalle calamità naturali o provocate dall’uomo” attraverso, tra gli altri, la promozione di “una cooperazione operativa rapida ed efficace all’interno dell’Unione tra i servizi di protezione civile nazionali”. Da ultimo, ma non da ultimo, l’art. 222 del TfUE introduce una clausola di solidarietà, ossia “L’Unione e gli Stati membri agiscono congiuntamente in uno spirito di solidarietà qualora uno Stato membro (…) sia vittima di una calamità naturale o provocata dall’uomo”.
All’interno della cornice giuridica suddetta, sono stati istituiti alcuni strumenti per far fronte alle emergenze e ai flagelli:
a) il Sistema di allarme rapido e reazione: consente alla Commissione e agli Stati membri di essere in costante comunicazione al fine di emettere eventuali allarmi, valutare i rischi per la salute pubblica e stabilire le misure necessarie per proteggerla; è gestito dal Centro Europeo per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie.
b) La risposta rapida a pericoli per la salute di portata transfrontaliera, come nel caso del Covid-19, è coordinata a livello dell’UE dal Comitato per la sicurezza sanitaria composto da rappresentanti degli Stati membri, che sostiene lo scambio di informazioni tra di loro, oltre alla rispettiva preparazione, programmazione e azione a fronte di rischi e situazioni di urgenza di sanità pubblica, compresi gli eventi dichiarati emergenza di interesse internazionale dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms).
c) In caso di gravi minacce transfrontaliere alla salute, qualora le capacità di risposta nazionali si dimostrino insufficienti, ogni paese dell’UE può richiedere l’assistenza di altri paesi attraverso il Meccanismo di Protezione Civile (a cui si era rivolta l’Italia per le mascherine e attrezzature sanitarie, in un primo momento negate), facente capo al Centro di Coordinamento per le risposte alle emergenze.
Insomma, le norme e gli strumenti operativi esistono; come sempre, spetta alla politica e ai suoi leader (se sono tali) renderli efficaci, in uno spirito europeo autenticamente solidaristico.

*Esperto di istituzioni, politiche e programmi dell’UE

Newsletter

Iscriviti e ricevi le notizie del giorno prima di chiunque altro Clicca qui