Natalini: senza l'Ue, Italia in bancarotta

Se non ci fosse l’Euro, e quindi l’Unione Monetaria, non ci sarebbe neanche la Banca Centrale Europea. L’Italia si troverebbe ad affrontare la crisi più drammatica dal secondo dopoguerra da sola, oberata dal fardello di un debito pubblico che a fine gennaio (quindi pre-Covid 19) ammontava già a oltre 2.400 miliardi di euro, a cui si aggiungeranno le enormi spese pubbliche a debito di quest’anno che porteranno il rapporto debito/PIL al 155%.

Chi comprerebbe i nostri titoli del debito pubblico la cui collocazione sui mercati finanziari è fondamentale per assicurare allo Stato la possibilità di pagare le pensioni e gli stipendi a medici, infermieri, insegnanti, poliziotti, carabinieri e così via? E a quale tasso di interesse? Sia la BCE, che la BEI, il MES, il bilancio UE (che ha l’obbligo del pareggio) hanno la tripla A come rating, ossia godono nei mercati finanziari internazionali della massima credibilità e fiducia. Il nostro paese, nonostante le sue fragilità, fa parte a pieno titolo di queste istituzioni comunitarie, ha contribuito a fondarle, a finanziarle (nel caso del MES) ed ha propri autorevoli rappresentanti nei vari board e organismi di gestione. Insomma, l’Europa, ossia l’Unione Europea e l’insieme delle sue istituzioni, siamo anche noi. La contrapposizione Italia-UE è falsa, è una menzogna cara ai sovranisti, i veri anti-italiani nei fatti, al di là delle loro intenzioni. È l’ ombrello protettivo dell’UE che consentirà la nostra ripresa, e quella dei Paesi europei più colpiti dalla pandemia. Una classe dirigente composta da statisti degni di questo nome, sia nella maggioranza che nell’opposizione, dovrebbe condividere questa semplice verità, farne il filo conduttore della propria narrazione verso i cittadini. Invece ogni volta si assiste alla gara indecorosa per issare bandierine ideologiche e propagandistiche e dei distinguo del tutto irresponsabili. Si pensi alla vicenda del MES: è meglio avere un prestito, senza condizioni, ad un tasso dello 0,3% per spese sanitarie dirette o indirette, o collocare sul mercato i così detti BOT patriottici ad un tasso dell’1,5/2%? Sembra una differenza da poco, ma si tratta di centinaia di milioni di euro di interessi che lo Stato italiano risparmierebbe per destinarli ad altre necessità. In tale contesto, cosa ha deciso il Consiglio Europeo (ossia il vertice dei capi di stato e di governo degli stati membri dell’UE) svoltosi giovedì in video-conferenza? L’avvio operativo entro il 1° giugno di quest’anno degli strumenti già concordati, ossia i prestiti e le garanzie BEI per le PMI (200 miliardi), SURE (100 miliardi per la cassa integrazione e la disoccupazione) e il MES senza condizioni (240 miliardi). La decisione più attesa riguardava, ovviamente, il Recovery Plan. Per tale Piano il Consiglio Europeo ha demandato alla Commissione Europea, come da prassi istituzionale, il compito di predisporne i dettagli entro il 6 maggio, quando il Consiglio Europeo medesimo si riunirà di nuovo. L’approvazione, se tutto filerà liscio, è prevista in un nuovo vertice europeo previsto per il 18-19 giugno. Il Recovery Plan dovrebbe entrare in funzione dal 1° luglio. Tutti gli stati membri, nella discussione di giovedì, hanno riconosciuto la necessità di tale piano. Un risultato impensabile fino a qualche settimana fa, il cui merito è anche dell’Italia. Restano ancora molti nodi da definire, a partire dal suo ammontare (si parla di 2.000 miliardi di euro complessivi), le modalità di finanziamento (dovrebbe trattarsi di bond emessi dalla Commissione Europea, agganciati al bilancio 2021-2027 dell’UE), la sua composizione (quanti prestiti ? quante sovvenzioni a fondo perduto?). La stessa destinazione andrà definita, ossia servirà a finanziare grandi progetti europei (infrastrutture europee strategiche, ricerca, digitalizzazione, transizione energetica ed economia verde e così via), o servirà anche a distribuire ulteriore liquidità alle imprese e alle famiglie? O un mix tra entrambe queste funzioni? In ogni caso, il nostro paese dovrebbe organizzarsi per gestire in modo rapido, efficiente e trasparente queste risorse. L’efficienza e una pubblica amministrazione orientata al risultato, al servizio delle imprese e dei cittadini, è la vera rivoluzione di cui abbiamo bisogno. Troppo spesso in passato non abbiamo saputo spendere tutte le risorse europee a noi assegnate, contribuendo alla creazione di pregiudizi e stereotipi negativi tra i nostri partner europei.
*Esperto di istituzioni, politiche e programmi dell’UE.

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