Natalini. La strategia dell’UE per l’edilizia verde

Editoriali

Per perseguire con coerenza l’obiettivo della neutralità climatica entro il 2050, la Commissione Europea sta presentando una serie di proposte molto interessanti, l’ultima delle quali (del 14 ottobre 2020) s’intitola “A renovation wave for Europe – greening our buildings, creating jobs, improving lives” (Un’ondata di ristrutturazioni per l’Europa; rendere verdi i nostri edifici, creare posti di lavoro, migliorare la qualità della vita). È scaricabile da Internet, ma disponibile al momento solo in lingua inglese.

Più di 220 milioni di edifici, pari all’85% dello stock europeo, sono stati costruiti prima del 2001. Molti di essi sono energeticamente inefficienti, perché più di un terzo (35%) ha più di 50 anni e più del 40% è stato costruito prima del 1960. Questo significa che più del 75% del patrimonio edilizio europeo non è adeguato rispetto agli attuali standard energetici. Ciò spiega perché gli edifici sono responsabili del 40% del consumo energetico totale e del 36% dell’emissione dei gas ad effetto serra dall’energia utilizzata. La pandemia da Covid 19 ha riportato al centro l’importanza degli edifici in cui viviamo, siano essi la casa o l’ufficio, in cui trascorriamo gran parte del nostro tempo (circa il 95%), e quindi la qualità degli ambienti al chiuso. La ristrutturazione/rinnovo di questo patrimonio, sottolinea la Commissione Europea, “offre un’opportunità unica per ripensare, riprogettare e modernizzare i nostri edifici, per renderli adatti ad una società più verde e digitale nonché sostenere la ripresa economica”. Per raggiungere l’obiettivo europeo di una riduzione del 55% entro 10 anni (2030) dei gas ad effetto serra, gli edifici dovrebbero tagliare del 60% le loro emissioni, ridurre del 14% i loro consumi finali di energia e del 18% il consumo specifico per il riscaldamento e il raffrescamento. Come raggiungere questi obiettivi assai sfidanti? Attualmente solo l’11% dello stock di edifici in Europa è oggetto di una qualche forma di ristrutturazione, che però molto raramente riguarda le loro performance energetiche. La riqualificazione energetica, secondo studi della Commissione Europea, riguarda circa l’1% degli edifici, mentre una ristrutturazione profonda per ridurre i consumi energetici di almeno il 60% è realizzata annualmente solo nello 0,2% del patrimonio edilizio; in qualche regione europea è addirittura totalmente assente. Con questo passo, il taglio a zero delle emissioni dagli edifici richiederebbe secoli. È tempo di agire, e in fretta. L’obiettivo lanciato dalla Commissione Europea è almeno il raddoppio ogni anno del livello di riqualificazione energetica degli edifici residenziali (e non) entro il 2030, con 35 milioni di edifici rinnovati entro il prossimo decennio e la creazione di 160 mila posti di lavoro aggiuntivi, in un settore fortemente penalizzato dalla crisi del 2008 e dalla pandemia. La riqualificazione renderà più salubri, verdi e confortevoli gli edifici e in Italia potrà integrarsi con la riqualificazione antisismica. In tale contesto, il nostro Paese con il superbonus al 110% può diventare leader in Europa e trainare la riqualificazione del patrimonio edilizio; non a caso tale misura è allo studio anche in altri Stati membri dell’UE. D’altra parte, secondo l’Ufficio Studi Gabetti, nel nostro paese circa 2 milioni di edifici, su un totale di 12 milioni, sono in uno stato conservativo pessimo o mediocre. Inoltre, gli edifici residenziali in classe energetica G, quindi quelli più energivori, sono circa 9-11 milioni (pari al 75%, in linea con la media europea). Si tratta di 6.911.180 edifici costruiti prima degli anni ’70, cui vanno aggiunti tra i 2 e i 4 milioni realizzati successivamente. Esiste, pertanto, uno spazio immenso per riqualificare le nostre abitazioni e lo spazio urbano. Per riqualificare, progettare e realizzare edifici a consumo energetico quasi zero (in linea con le direttive europee), case passive o case energy plus (ossia in grado di cedere l’energia rinnovabile prodotta in eccesso), tutta la filiera delle competenze necessarie deve essere aggiornata, dai progettisti, ai direttori lavori, alle maestranze impegnate nei cantieri, spesso composte da immigrati. Le scuole edili erogano perlopiù corsi incentrati sulla sicurezza del lavoro nei cantieri, ma su come si costruisce un cappotto termico, si montano infissi performanti e in genere su come si utilizzano i materiali più innovativi nelle costruzioni c’è poco o nulla. La rivoluzione verde nell’edilizia deve essere accompagnata anche dalla formazione di nuovi saperi e competenze, a tutti i livelli.
*Esperto di istituzioni, politiche e programmi dell’UE

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