Natalini: eolico a mare, paesaggio, Europa

In una pubblicazione di Terna, l’azienda che gestisce la rete nazionale di trasmissione dell’energia elettrica, si legge che il paesaggio italiano è solcato da 62.000 km di linee, circa 200.000 tralicci di alta tensione con una distanza media tra loro di circa 300 metri. I tralicci e i cavi attraversano campagne, colline e i pendii delle montagne, senza che nessuno di noi ci faccia più caso. Per forza: erano già lì quando siamo nati e fanno parte del paesaggio visivo che abbiamo interiorizzato a partire dagli anni ’20 del Novecento. Dai primi del Quattrocento fino all’Ottocento si stima che il numero di mulini che sfruttavano il vento in Europa (la tecnologia più simile alle attuali pale eoliche) si aggirasse attorno ai 200.000; i mulini ad acqua erano ancora più diffusi: circa 500.000.

Fino all’avvento delle macchine a vapore e soprattutto dei motori a combustione interna, i mulini sono stati la principale fonte di energia primaria ricavata dal vento e dall’acqua. Fornirono l’energia necessaria per far funzionare le pompe per l’acqua, macinare i cereali, segare il legname e per numerosi altri impieghi industriali; facevano tutto questo senza inquinare. Se da un lato i mulini sono stati immortalati soprattutto dai pittori fiamminghi del XVII secolo come Rembrandt (a quel tempo circa diecimila mulini costellavano il paesaggio olandese), dall’altro non sappiamo che tipo di reazioni abbia suscitato la loro costruzione nelle popolazioni che vivevano a ridosso dei fiumi o nelle aree con grande disponibilità di vento. Non è da escludere che anche in quell’epoca qualcuno si sia opposto alla realizzazione di queste opere che modificavano sensibilmente il paesaggio naturale. Paradigmatica di quanto sia soggettiva e mutevole nel tempo la percezione del paesaggio è la vicenda della costruzione della Torre Eiffel, inaugurata a Parigi il 31 marzo del 1889 in occasione dell’EXPO universale per celebrare il centenario della Rivoluzione francese. Paul Planat, il direttore della rivista di architettura La Construction moderne, stroncò la Torre definendola «un’impalcatura fatta di sbarre e di ferro angolare, priva di qualsiasi senso artistico», dotata di un aspetto mostruoso, «che dava la brutta sensazione di incompiutezza». Anche allora sorse un comitato del “no” composto da decine di importanti artisti, architetti e scrittori, tra cui Guy de Maupassant e Alexandre Dumas, che si espresse così «Noi scrittori, pittori, scultori e architetti, a nome del buon gusto e di questa minaccia alla storia francese, esprimiamo la nostra profonda indignazione perché nel cuore della nostra capitale si debba innalzare questa superflua e mostruosa Torre Eiffel (…). Quando gli stranieri visiteranno la nostra Esposizione protesteranno energicamente: è dunque questo l’orrore che hanno creato i francesi per darci un’idea del loro gusto tanto magnificato?”.
Oggi la Torre Eiffel è indiscutibilmente un simbolo dell’identità di Parigi e dei parigini, uno dei monumenti più visitati del mondo, con circa 5 milioni e mezzo di turisti ogni anno; si stima che complessivamente oltre 250 milioni di persone l’abbiano visitata dal giorno della sua inaugurazione. Nessuno si sognerebbe oggi di chiedere la demolizione della Torre Eiffel perché deturpa il paesaggio e lo skyline di Parigi. Non credo sia forzato affermare che le pale eoliche siano diventate ormai una parte costitutiva, e visibilmente gradevole, del paesaggio marino del mare del Nord, imparagonabile ai desolati paesaggi lunari prodotti dalle cave di carbone o alle devastazioni ambientali ed estetiche delle aree di estrazione del petrolio. In tale contesto, una reazione di indignazione è stata espressa da Italia Nostra e da altri nei confronti della presentazione ufficiale del progetto del Parco Eolico al largo della costa riminese. Per il suo impatto sul paesaggio marino rimando alle considerazioni suddette, mentre il suo impatto ambientale sarà sottoposto alla rigorosa valutazione prevista dalle norme vigenti. Alle considerazioni paesaggistiche, tuttavia, andrebbe aggiunta una riflessione più profonda ed esplicita su come il nostro territorio, che è fortemente energivoro ed ha un’impronta ecologica fortemente deficitaria, intende contribuire alla lotta contro il cambiamento climatico, che implica un drastico abbattimento del consumo di energia di fonte fossile. In base al rapporto Wind Energy 2019, l’energia eolica soddisfa in media il 15% della domanda di elettricità in Europa. Ma mentre tale percentuale è del 48% in Danimarca, del 26% in Germania e sopra il 15/20% in molti paesi (inclusa la Spagna, che arriva al 21%), in Italia tale percentuale è solo del 7%, nonostante il suo potenziale. Il clima non aspetta. Entro il 2030 dobbiamo invertire la rotta del surriscaldamento globale oppure il processo sarà irreversibile ed ingestibile. Non abbiamo più tempo. Anche la nostra comunità deve essere protagonista della costruzione della nuova Europa verde. Sulla stessa linea si muove per fortuna il programma di mandato del presidente della Giunta Regionale dell’Emilia-Romagna Stefano Bonaccini, che nei giorni scorsi ha preannunciato il nuovo “Patto per il Lavoro e per il clima” da sottoscrivere entro l’estate con tutte le rappresentanze istituzionali e sociali del territorio per arrivare all’azzeramento delle emissioni climalteranti entro il 2050, e il passaggio al 100% di energie rinnovabili entro il 2035.
*Esperto di istituzioni, politiche e programmi dell’UE

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