Naso che cola e occhi



forlì
Naso chiuso, bollicine che vanno e vengono e pruriti improvvisi: spesso i bambini, anche molto piccoli, sono preda di manifestazioni cutanee o a livello respiratorio, non sempre facili da riconoscere. Talora si tratta di forme allergiche che possono comparire in questa fase dell’anno, soprattutto se dipendono dalle sostanze presenti nell’aria, come i pollini. Ma per saperne di più ne parliamo con il dottor Enrico Valletta, direttore dell’unità operativa di pediatria dell’ospedale di Forlì.
Dottore, come si manifestano le allergie nei bambini?
«Le allergie possono manifestarsi davvero a qualsiasi età e hanno cause, sintomi e frequenza molto diversi. Basti pensare alle allergie alimentari che possono comparire anche nei primi mesi di vita (nei confronti del latte vaccino o dell’uovo, principalmente) o delle reazioni allergiche ad alcuni farmaci (meno frequenti di quanto si pensi, ad esempio per i più comuni antibiotici). Ma quelle che più ci interessano in questo periodo dell’anno, sono evidentemente le allergie ai pollini che si esprimono tipicamente con forme che interessano le vie respiratorie e causano prurito intenso e fastidio a occhi e naso (rinocongiuntivite), difficoltà di respiro (asma) con episodi acuti anche molto impegnativi o, più raramente, con orticaria. Inoltre, esiste anche la cosiddetta sindrome orale allergica, una forma mista di allergia ad alimenti e a pollini.
Quali sono i fattori che agevolano la loro comparsa?
«Per questo tipo di allergie sono in genere necessarie alcune condizioni: una certa predisposizione genetica-familiare (c’è già qualcuno in famiglia che soffre di allergie) ed essere stati esposti per un sufficiente periodo di tempo alle sostanze (i cosiddetti allergeni) nei confronti delle quali il bambino svilupperà poi l’allergia. Non si nasce, quindi, allergici, ma lo si diventa ed è necessario pertanto che il bambino abbia qualche “stagione” sulle spalle prima di potersi sensibilizzare».
Da che età generalmente si diventa allergici ai pollini?
«Risulta improbabile che prima dei 4-5 anni di vita un bambino sia allergico ai pollini. Da quell’età in poi le possibilità aumentano e i dati ci dicono che già a 6-7 anni circa il 20% dei bambini soffre di rinite allergica, percentuale che supera il 30% tra gli adolescenti. Al di sotto dei 14 anni, il 10% ha sintomi di asma e l’80% è dovuto ad una qualche allergia. Per svariati motivi, non ultimo quello dell’inquinamento ambientale, il fenomeno appare in progressivo aumento».
Quali sono le allergie più frequenti?
«Il mondo dell’allergia è certamente complesso, e talora difficile da decifrare correttamente. Molti genitori hanno la sensazione o il timore che il proprio bambino possa essere allergico e la richiesta di visite e consulenze negli ambulatori di allergologia è sempre assai elevata. Non sempre, per fortuna, il sospetto si rivela fondato e, comunque, il percorso di diagnosi deve essere rigoroso e condotto da chi queste malattie le conosce in maniera approfondita. Talora, si tratta piuttosto di episodi infettivi, anche ripetuti, di natura virale e non di reali allergie. Volendo restare nel contesto primaverile, le graminacee sono senz’altro le maggiori responsabili di sintomi respiratori alle nostre latitudini, così come la parietaria. Si tratta di pollini di dimensioni molto ridotte che possono viaggiare e disperdersi nell’aria per decine di chilometri. La loro concentrazione è molto variabile in relazione all’andamento climatico stagionale, potendo anticipare o ritardare la loro comparsa di anno in anno. A questo proposito i calendari pollinici consultabili online (https://www.arpae.it/it/temi-ambientali/pollini/calendari-pollinici) sono di grande utilità per orientarsi sui sintomi ed aggiustare le terapie».
Qual è il percorso diagnostico per individuare l’allergia specifica?
«L’allergologo è in grado di indirizzare il singolo bambino verso le indagini più appropriate per i sintomi che presenta e, certamente, anche per la sua età. I test disponibili sono diversi e vanno dalle prove sulla pelle (i prick test), agli esami sul sangue, ai test cosiddetti “di scatenamento” che mettono a contatto il bambino - sempre sotto controllo in ospedale con la sostanza (alimento, in genere) alla quale si sospetta sia allergico. I prick sono forse i test più noti e consistono nel pungere una goccia contenente l’allergene posta sull’ avambraccio del soggetto valutandone poi la reazione (il ponfo); il test può essere fatto con un estratto allergenico industriale o usando direttamente l’alimento fresco. Grandi progressi sono stati conseguiti nell’analisi delle allergie sul sangue: ai vecchi “RAST” si è aggiunta la diagnostica allergologica molecolare che consente una definizione di gran lunga più precisa delle effettive molecole alle quali siamo allergici e chiarisce anche le cause di alcune reattività crociate, come ad esempio tra alcuni pollini e certi alimenti. Le possibilità di diagnosi sono molte, ma è necessario utilizzarle, di volta in volta, a ragion veduta e saperle interpretare alla luce dei sintomi e della storia clinica di ciascun bambino».
Come si interviene?
«In certi casi è opportuno iniziare a curare i bambini prima che stiano veramente male, prevenendo i possibili problemi più rilevanti. Chi soffre d’asma, soprattutto se ha già sperimentato qualche crisi più grave, deve fare particolare attenzione a evitare luoghi e situazioni ad elevata esposizione allergenica e assumere una terapia preventiva se indicata dal pediatra o dall’allergologo. Per chi è allergico agli acari della polvere, bisogna bonificare gli ambienti e arieggiarli frequentemente; più difficile è sfuggire ai pollini che in certe giornate si insinuano dappertutto e in grande quantità. In questi casi, i farmaci riescono a dare un grande aiuto. Oggi abbiamo a disposizione farmaci antistaminici che possono essere presi una volta al giorno e danno scarsissima sonnolenza; esistono spray nasali e colliri con attività antiallergica, che danno sollievo al prurito e che consentono di liberare il naso. Inoltre, ci sono i cortisonici, i broncodilatatori fino ad arrivare ai più recenti anticorpi monoclonali che sono impiegati nei casi più impegnativi di asma che non rispondono ai più comuni trattamenti. Sono disponibili, infine, le terapie desensibilizzanti ( impropriamente dette “vaccini”), oggi sempre più spesso prescrivibili per via sublinguale e quindi meglio tollerate anche nei bambini. Sono terapie che si prolungano per alcuni anni, molto efficaci nel controllare i sintomi e nel mantenere il loro effetto anche per lungo tempo dopo la loro sospensione».