Nasconde l'incidente e smonta l'auto per i soldi dell'assicurazione

Rimini

Denunciò il furto di una Fiat Cinquecento che in realtà non gli era stata rubata per nascondere al padre il fatto di averla distrutta in un incidente stradale e poi pensò di recuperare più soldi possibile con l’aiuto di un carrozziere compiacente.
Accusato di simulazione di reato e truffa ai danni dell’assicurazione, un ventinovenne residente a Morciano di Romagna (difeso dall’avvocato Luca Greco), ha patteggiato davanti al giudice dell’udienza preliminare del tribunale di Rimini Manuel Bianchi la pena sospesa di nove mesi di reclusione. Sei mesi di reclusione, sempre con il beneficio della sospensione condizionale, è stata invece la pena patteggiata nella stessa sede dal titolare dell’officina, un meccanico di 44 anni (difeso dall’avvocato Antonino Reina). A lui era contestato solo il secondo reato. L’accordo raggiunto tra difesa e accusa, ratificato in udienza, ha escluso la compagnia assicurativa dalla possibilità di essere risarcita come avrebbe preteso. Era stato proprio il fiuto del “detective” dell’assicurazione a contribuire a smascherare il raggiro. I suoi sospetti avevano messo in moto gli investigatori della polizia stradale, tempestivi nel visitare l’officina con il pretesto di un controllo amministrativo. Il giovane - dopo l’uscita di strada e il pesante danneggiamento dell’utilitaria - all’insaputa di tutti si era infatti rivolto proprio al meccanico per fare a pezzi quel che restava dell’auto di papà, non più recuperabile. Nel parcheggio davanti all’officina gli agenti trovarono una portiera, il cofano, una ruota completa, il radiatore e perfino una targa, appartenente alla Cinquecento “rubata”. Altri pezzi della Cinquecento, ben accessoriata, secondo le ipotesi degli investigatori potevano già essere stati tagliati con lo smeriglio per essere poi rivenduti come ricambi. Per il resto invece, sarebbe toccato al carrozziere preoccuparsi di mandare al macero per lo smaltimento come rifiuti speciali le parti deteriorate o non commercializzabili, così da disfarsene senza lasciare traccia.
I fatti risalgono al marzo 2019 e nel frattempo il ventinovenne era già andato in caserma a Morciano per denunciare il falso furto della vettura. Per l’accusa volevano spartirsi sia il rimborso assicurativo, mai arrivato visto che l’indagine ha interrotto la procedura di liquidazione, sia il corrispettivo della vendita dei pezzi di ricambio. Gli imputati hanno preferito chiudere al più presto la partita con la giustizia.

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