Museo Fellini, ecco lo spettacolo della regista Maimone

Ci sarà l’innocenza, ci sarà il peccato. Ci sarà il potere redentore della bellezza. E non uno show pensato per concederci l’ormai consueto “effetto wow”. Ci sarà invece la voglia di raccontare «un Fellini diverso», che ci induca a pensare, pensarlo, fuori dagli abusati schemi “felliniani”...

Venghino venghino lor signori, lo spettacolo va per cominciare… direbbe il solito imbonitore.

Per l’inaugurazione del Museo Fellini, prevista per giovedì 19 agosto, sono stati chiamati a Rimini Monica Maimone e Valerio Festi, fondatori di Festi Group, realtà culturale che da anni unisce la ricerca drammaturgica alle più innovative strumentazioni tecnologiche.

Monica Maimone, quali pensieri vi hanno guidato nel progettare questo spettacolo che accompagnerà per quattro giorni l’apertura del nuovo Museo Fellini?

«Insieme a Valerio Festi, siamo voluti partire dal lavoro di analisi dello psicanalista Ernst Bernhard, figura importante per Fellini, con cui entrò in analisi agli inizi degli anni Sessanta. Abbiamo voluto raccontare il Fellini uomo e regista, a sottolineare il fatto che il maestro riminese è stato tra i pochi grandi geni dello spettacolo che ha trasferito le proprie pulsioni nei film, prima in maniera inconsapevole poi sempre più consapevole».

Quale ritratto di Fellini intendete proporre dunque?

«Era un anima tormentata, da quasi tutti visto come un “allegro buffone”. Ora il lavoro fatto da Studio Azzurro per il museo di Rimini cerca una volta tanto di dare a questa figura lo spessore che merita. Fellini è stato un uomo e un artista che ha messo a nudo la propria anima. Con i tempi che stiamo attraversando, credo sia anche giunto il momento di vederlo e farlo vedere questo Fellini “impopolare”...».

Partiamo dalla prima scena...

«Attraverso il richiamo al film La strada partiremo dal tema dell’ innocenza ferita. Il personaggio di Gelsomina è vittima innocente che arriva alla grazia. Ci sarà una messa in scena che avrà come riferimento una rappresentazione pittorica di un angelo-bambina ferito, portato da altri bambini, che si intreccerà a immagini del film. Quindi si passerà all’innocenza senza parole: quella espressa dal personaggio della ragazzina interpretata da Valeria Ciangottini, nel finale de La dolce vita, che Mastroianni non riesce a sentire. Questo stesso sentimento sarà espresso dalla performance di una nostra ballerina, Marina Enea: una ragazza che sta affrontando anche attraverso la danza i propri problemi di anoressia e che vedremo volare e scendere verso il pubblico proferendo parole...».

Con la seconda scena a quale tema vi siete invece ancorati?

«Quello della sessualità, un chiodo fisso di Fellini. È il tema legato al ritorno all’infanzia, al bisogno di accudimento, di ritorno a quel luogo magnifico in cui grandi seni ti avvolgono. Un tema espresso ad esempio dalla scena del lettone ne La città delle donne. Bruno Oyter, artista di Strasburgo, sarà protagonista di due momenti scenici. Uno che rimanda alla sfilata dei cardinali nel film Roma, ma in questo caso a sfilare saranno tre suore. In un’altra scena sarà alle prese con l’eterno femminino e lo ritroveremo alla fine in posizione fetale».

Infine, la terza scena. Cosa ci riserva?

«Abbiamo attinto a un testo di Bernhard in cui parla del dolore redento dalla bellezza. Partiamo citando , la scena iniziale del sogno/incubo in cui Mastroianni vola sull’ingorgo iniziale di auto. Passeremo per immagini di Amarcord per chiudere con La voce della luna. In questa ultima scena succederà di tutto: da Fellini che vola al valzer maldestro di un uomo anziano. Apparirà anche una misteriosa donna con una grande gonna rossa, come in un quadro di Chagal».


Il cinema di Fellini è cinema di grandi invenzioni e di “bottega”, impossibile a realizzarsi senza il contributo di tante maestranze e collaboratori. Un po’ come il vostro lavoro. In quanti hanno contribuito a questo progetto?

«La nostra equipe è di 42 persone, e una parte in questo caso anche di Rimini grazie alla circostanza che Studio Festi, che compie 40 anni proprio quest’anno, iniziò il proprio percorso da Riccione, all’epoca del sindaco Terzo Pierani. È stata per noi una gioia poter lavorare di nuovo con i tecnici di Alterecho con i quali abbiamo condiviso grandi progetti nel mondo. Per il resto, una parte della troupe è francese e una parte italiana. La nostra compagnia assomiglia molto a una factory».

Da giovedì 19a domenica 22doppio show

Da giovedì 19 fino a domenica 22, al calar del sole, in piazza Malatesta (ora Piazza dei Sogni) saranno proposte due repliche a distanza di un’ora dello spettacolo “Il Maestro che camminava su pezzi di cielo”: un racconto per immagini volanti, proiezioni, acqua che si fa materia riflettente, con danzatori aerei e performer e una narrazione – con la drammaturgia di Marco Maria Pernich, che attinge anche a Tonino Guerra - affidata alla voce registrata di Andrea Chiodi, regista teatrale allievo di Piera Degli Esposti. Tre i momenti, le scene, che si animeranno coinvolgendo facciata e torre di Castel Sismondo, con citazioni dai film “La strada” e “La dolce vita” nella prima scena, da “Roma” e “La città delle donne” nella seconda, “8½”, “Amarcord”, “La voce dalla Luna” nella terza.
Ore 20.30 e replica alle 22.30 circa

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