Motus a Rimini: stasera il debutto al Galli. L'intervista

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Attendono di essere prese e rese schiave. Costrette ad abbandonare la loro terra, i propri defunti. La città è distrutta. Solo cenere. È la caduta di un mondo. Il futuro è un’incognita. Inizia da una fine, dall’incendio di Troia, “Tutto brucia”, l’ultimo lavoro dei Motus, in scena questa sera al teatro Galli. Una terza riscrittura della tragedia “Le troiane” di Euripide.

Una comparazione tra la versione del tragediografo greco e quella di Jean Paul Sartre, rielaborata dalla sensibilità di Daniela Nicolò ed Enrico Casagrande. La classicità e l’attualità superano le barriere del tempo e si trovano a dialogare, tra macerie di drammatiche realtà.

Sul palco le protagoniste: Silvia Calderoni, voce e corpo di Ecuba, e la danzatrice Stefania Tansini, voce e corpo di Cassandra, accompagnate dal canto di Francesca Morello aka Ryf.

Avevate iniziato a lavorare a questo spettacolo prima del lockdown. Come è cambiata la scrittura dopo l’inizio della pandemia?

«Eravamo a Mondaino e con il lockdown ci siamo trovati nella bolla covid – racconta Daniela Nicolò –. I contagi aumentavano e i funerali venivano negati. Una persona a noi cara è morta in totale solitudine. Per questo motivo al tema iniziale, quello delle donne che hanno perso tutto e che sono schiave in Paesi sconosciuti, si è aggiunto quello della perdita, del lutto collettivo. Tutto è diventato più oscuro».

Ecuba e Cassandra le due figure femminili sulle quali vi siete concentrati. Perché avete scelto loro?

«Sono donne che verranno giocate a dadi dai greci. È una situazione di sopraffazione che ancora persiste in molti paesi del Mediterraneo. A Troia, come in luoghi di oggi, restano le donne a piangere, ma sempre loro rappresentano il desiderio di resistenza. Il tema, però, è più in generale quello della vulnerabilità. La nostra volontà è di dar voce ai deboli, ai bambini, ai profughi. Si pensi ai curdi e alle tante guerre del presente, all’Afghanistan».

Quali le caratteristiche che avete messo in evidenza?

«Silvia Calderoni è un’Ecuba dal corpo affaticato. In lei c’è disperazione e furore. Le parole hanno una gravità maggiore. Cassandra è più energica. Rappresenta la rivalsa. È una donna che cerca di reagire alla sua follia. In lei è il corpo soprattutto a parlare».

Parole, corpi, ma anche canto e sonorità.

«Le musiche sono creazioni originali della cantautrice Francesca Morello aka Ryf. Le parole sono tratte dalla tragedia, ma sono state tradotte in inglese. Sono canti funebri che assumono la funzione del coro greco».

Le sonorità elettroniche sono di Demetrio Cecchitelli.

Quali le scelte scenografiche?

«Questa volta non utilizziamo video. Abbiamo voluto spogliare la scena».

Nel buio solo le protagoniste, sculture di cadaveri in lattice e oggetti che trasformano i corpi, colature di lava e petrolio, tracce di un avvenire distopico che porta in sé anche le tragiche conseguenze climatiche.

«Questo spettacolo è quasi un concerto, ha una natura musicale. Il live e l’ambiente sonoro si impastano alle parole, per questo motivo ne faremo un vinile, prodotto dalla Bronson Recordings».

Euripide, Sartre. Ci sono altri che vi hanno ispirato?

«È presente un riferimento teorico a “Vite precarie” di Judith Butler, in cui si parla del dolore come atto politico, non individuale. Lo diceva anche Gino Strada. La sofferenza riguarda tutti. La sofferenza non sta chiusa tra le pareti di casa».

È la prima volta che salite sul palcoscenico del teatro Galli.

«Sì ed è un bel segno. Abbiamo voglia di localizzarci di più. L’esperienza del Festival di Santarcangelo ci ha cambiati e abbiamo il desiderio di occuparci dei nostri luoghi, di aprirci e legarci alla città. Anche Rimini è cambiata. Ci sono spazi interessanti e la volontà di ripensare la scena teatrale contemporanea».

Inizio ore 21.

Info: 0541 793811

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