Motociclismo, "la favola delle mie Vyrus vendute in tutto il mondo"

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«La pandemia non ha fermato le vendite di moto uniche al mondo, ma non la ringrazio: è un’enorme tragedia ancora in corso». Ad affermarlo è Ascanio Rodorigo, fondatore e project manager della Vyrus, l’eccellenza del made in Italy con sede a Cerasolo celebre per realizzare bolidi che sembrano venuti dal futuro. Ex tecnico Bimota, il 58enne Rodorigo ha ideato duecento moto in 20 anni, facendo sognare imprenditori e politici di fama, ma anche divi di Hollywood, come Tom Cruise e Keanu Reeves, pronti a spendere cifre superiori a 50mila euro per aggiudicarsi pezzi unici come «gioielli o abiti cuciti su misura». Sogni rigorosamente a due ruote esportati sino al Giappone o alle Antille olandesi, frutto della passione ereditata dal papà . «Mi portava alle corse - ricorda - e da allora quel rombo mi è entrato dentro». A quei tempi «mio padre aveva una Guzzi Falcone ed il mezzo meccanico era preponderante nei miei pensieri», riconosce. Sul nome Vyrus, ribadisce che ricorda la «passione buona che divora e che contagia, una specie innamoramento filosofico - nota - che si rivela tanto più necessario nei periodi dolorosi». Perché non ha «una natura devastante ma costruttiva». E per spiegare com’è nato il marchio incensato da esperti e appassionati pesca nel molo dei ricordi. «La mia azienda si occupa di engenering, di progetti che dal bozzetto di carta portano al prototipo funzionante. Questa è la sua forza e la sua natura». All’inizio per mostrare alle case costruttrici di cosa «eravamo capaci lavorammo non stop per 90 giorni». Tant’è che all’ennesima notte in bianco, l’ultima prima di «andare in fiera, a forza di strapazzi, ci ammalammo tutti. L’unico che riuscì a resistere in piedi sino all’alba propose di chiamare l’azienda Virus, inteso però in senso positivo, di passione. Dopo il marchio abbiamo optato per la “Y”».

L’ultimo bolide

Tornando al presente ribadisce che la «pandemia è una tragedia e basta, però come sempre i momenti difficili cambiano le prospettive e di conseguenza anche le attitudini delle persone». Perché, nota, «l’uomo è capace di cose straordinarie nelle difficoltà. Non grazie al Covid, che è solo una tragedia da fronteggiare, – precisa – ma proprio alla capacità umana di ripartire». Ecco perché, aggiunge, il «20 marzo in piena pandemia abbiamo deciso di presentare l’ultima nata, Alyen con telaio in magnesio. Volevamo lanciare un messaggio di speranza e il feedback ottenuto è andato oltre le aspettative. Forse la fortuna arride agli audaci». Ciò non toglie, fa presente, che «chi era giù di tono abbia reagito con durezza, lamentando che un’azienda che si chiamava Vyrus avesse lanciato Alyen (disegnata da Adrian Morton, e realizzata in magnesio con la sella cucita a mano su una struttura di carbonio ndr)». Ma tutti gli altri «hanno apprezzato e gli imprenditori che non erano in giro per il mondo, ma blindati a casa e hanno conosciuto la moto su internet in tempo reale». La conseguenza è stato l’impennarsi degli acquisti, con i «20 esemplari venduti a tempo record. Ma – ribatte - non ringrazio certo la pandemia, dove non c’è niente di buono».

Bocca cucita invece sui clienti. «Ci impongono la riservatezza, posso dire solo che le nostre moto finiscono in luoghi lontani, addirittura nelle Antille olandesi. E anche che il mondo a cui ci rivolgiamo apprezza la cultura e l’arte in profondità». La certezza è che tra i clienti, si sbottona, «ci sono le donne, mentre scarseggiano i giovani, perché per capire le nostre moto occorre un approccio culturale particolare». Un comune denominatore? «Molti non hanno mai guidato una moto, – spiega – l’apprezzano come un’opera d’arte. Non infilano la chiave nel quadro e via». Ma in fondo una tipologia standard del cliente vyrusiano non esiste. «Il nostro è un atelier dove realizziamo a mano ogni singolo particolare». E se gli si chiede l’ingrediente segreto del successo, risponde che la «passione non basta , serve la capacità di persistere». E ancora: «Non lavoriamo per soldi, non scendiamo a compromessi, abbiamo una forte etica. Il nostro obiettivo è fare di un sogno qualcosa che possa esser compreso da tutti in una piccola bottega dove gestiamo 12mila codici dentro un gestionale dove confluiscono i prodotti di 260 fornitori».

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