Moto3, nel mondo di Migno: "Sogno una MotoGp con la Suzuki"

Andrea Migno promette amore eterno alla sua Saludecio e sogna la MotoGp con la Suzuki. Il Mig 16 della pace vola alto e dopo il successo a Losail è tornato a casa con un sorriso a 32 denti.

A quasi 5 anni dal primo successo nel Gp d’Italia al Mugello, domenica è tornato sul gradino più alto del podio ed è in testa al mondiale. Adesso si possono sognare una corona iridata e la MotoGp?

«È ancora presto per parlare di mondiale, siamo alla prima gara e il campionato è ancora lunghissimo. I piloti veloci sono tanti. Basta arrivare ultimo nel prossimo Gp in Indonesia e tutto quello che ho fatto viene cancellato. Godiamoci il momento, sogniamo, ma restiamo con i piedi per terra: è ancora tutto da costruire e da dimostrare. Certo che sogno la MotoGp, questo è chiaro, ma è lontana come idea».

Con che motocicletta le piacerebbe correre?

«Beh se avessi la bacchetta magica e potessi fare come voglio, andrei in Suzuki. Hanno fatto un’ottima moto e ho molti amici nel box della casa nipponica. L’ambiente somiglia a quello che c’era nelle gare oltre 10 anni fa: organizzano l’aperitivo dietro l’hospitality, si scherza e ci si diverte, senza essere troppo “fighetti”, come quelli che imitano la Formula 1. L’ambiente della Suzuki mi piace tanto. Poi è ovvio che correrei più che volentieri anche con altre squadre».

Salisse in MotoGp ritroverebbe tanti piloti con cui ha corso nel passato. Chi di loro l’ha colpita di più?

«Ho gareggiato con tanti piloti pieni di talento, penso a Mir, Quartararo, Martin e Bagnaia. In allenamento ho girato anche con Morbidelli e ha veramente un modo particolare di andare forte: sembra non tirare mai ed è velocissimo».

Tornando alla Moto3 questo è stato per lei un fine settimana speciale e grazie a lei c’è stata un’altra tripletta tricolore come nel 2017 al Mugello, quando vinsero altri due romagnoli come Mattia Pasini in Moto2 e Andrea Dovizioso in MotoG...

«Una bellissima tripletta anche questa ma... solo una doppietta per la Romagna. C’è voluto davvero troppo tempo per tornare a vincere, ma come si dice: meglio tardi che mai».

Cosa ricorda di questo primo fine settimana di gare?

«All’inizio la grande voglia di scendere in pista e vedere dove fossimo come competitività, durante le prove poi sono andato bene e in gara mi sono divertito. Alla fine è stato solo un gran gusto ed una grande felicità. La bandiera a scacchi è stata una liberazione».

Più bella questa vittoria di quella del 2017?

«Si perché al Mugello ero riuscito a vincere nel finale grazie anche ad alcune scivolate: qui sono stato sempre davanti. È stato un successo più consapevole, quello era arrivato un po’ a sorpresa. A Losail abbiamo lavorato bene fin dalle prove libere».

Con alle spalle un pilota come Garcia, già sanzionato con un long lap penalty per aver tirato giù Tatay, ha temuto l’incidente?

«Garcia è aggressivo al punto giusto, altri lo sono ancora di più. Io sono riuscito a gestirlo bene nel finale: sapevo che avrebbe cercato di attaccarmi».

Lunedì sera dove e con chi ha festeggiato qui in Romagna?

«Ho brindato con gli amici di Saludecio e con quelli di Tavullia. Mi è arrivato anche un telegramma di congratulazioni da parte del Comune di Saludecio per aver portato il nome della nostra città nel Mondo: ne sono orgoglioso e merita di essere messo nella bacheca dei miei trofei».

Il suo legame nel paese che le ha dato i natali è forte. Neppure essere alla corte di Valentino Rossi l’ha portato a cercare “piazze” più celebri e grandi?

«Io, come lo stesso Vale, siamo fatti in maniera umile. Ci piace andare ad allenarci con le moto da cross, mangiare pane e salame con gli amici e frequentare gli stessi posti di sempre. Vado nei bar di Saludecio dove incontro gli stessi anziani che vedevo quando ci entravo da bambino: ora mi riconoscono e mi fanno i complimenti ed è bello. Amo andare a fare sfide a calcetto con gli amici. Nel mio piccolo inizio ad essere conosciuto anche se, in fondo, non ho ancora vinto nulla. Però questo resta il mio mondo. È così anche per Vale a Tavullia, anche se lui ha tantissimi trofei».

Lei porta il soprannome di un aeroplano da combattimento russo e in questo momento difficile ha portato sul casco un bel messaggio di pace...

«Il soprannome uguale al nome di un caccia è venuto un po’ per caso, però in occasione del Gp del Qatar volevo portare un messaggio di pace e lo abbiamo pensato insieme a Franco e ad Aldo Drudi».

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