Morto dopo lite a Rimini, "l'imputato non voleva fare male, va assolto"

Rimini

RIMINI. Per la pubblica accusa (pm Paolo Gengarelli) l’imputato, alla sbarra davanti alla Corte d’assise di Rimini per omicidio preterintenzionale, va assolto perché non intendeva nuocere alla vittima o, in subordine, perché si difese legittimamente evitando un “confronto” che non aveva cercato. Alla fine dell’approfondimento in aula, fortemente voluto e ottenuto dopo un’opposizione all’archiviazione da parte dell’avvocato di parte civile Umberto de Gregorio, il magistrato non ha cambiato idea riguardo all’accaduto. Una conclusione alla quale il legale della vedova si oppone, pur rimarcando il fatto che l’accusato, difeso dall’avvocato Sonia Raimondi, non è da ritenersi un “assassino” sebbene, a suo avviso, abbia ecceduto nella reazione.

I fatti risalgono al 9 agosto 2016. Una tranquilla giornata d’estate trascorsa da parte della vittima - Serafino “Fino” Sammarini, 74 anni - davanti al negozio di profumeria, in apparenza così simile a tante altre almeno fino allo sfortunato epilogo. La tragedia si consumò in pochi minuti: prima un banale diverbio, poi, dopo uno strattonamento, la caduta all’indietro sul marciapiede, quindi il malore e il decesso legato al trauma cranico.
L’imputato è l’uomo che affrontò la vittima sul marciapiede: Evgenii Gordeev, un turista russo di 59 anni, medico di professione. Si allontanò assieme alla moglie e venne successivamente rintracciato in albergo dagli uomini della Squadra mobile, a partire dalle immagini di una telecamera di sorveglianza. Non si era reso conto del malore del commerciante.

La lite, all’interno della profumeria di viale Regina Margherita aveva coinvolto la moglie della vittima, titolare del negozio, e la moglie del turista. La cittadina russa, che non parlava una parola d’italiano, avrebbe voluto fotografare il fogliettino delle spiegazioni di una crema solare. A detta della donna era solo un modo per rendere partecipe dell’eventuale acquisto anche la figlia in Russia. C’era stata però un’incomprensione con la negoziante, stufa delle stranezze delle clienti dell’Est. Entrambe avevano giudicato sgarbato l’atteggiamento dell’altra ed era nato il battibecco.

La donna russa aveva sbattuto sul bancone la confezione e girato i tacchi. Sammarini, che era sulla porta, l’aveva inseguita sul marciapiede. Il russo si era voltato, probabilmente per contenerlo, provocandone la caduta risultata fatale. L’unico testimone parla di parapiglia, ma non è in grado di dire chi spinse chi. Perché si possa parlare di omicidio preterintenzionale (punito da 10 a 18 anni), secondo l’interpretazione del pm Gengarelli, si deve presupporre la volontà del turista di percuotere il negoziante.

«Non c’è la prova che volesse fargli del male, ma solo l’intenzione di allontanarlo perché non aggredisse la compagna». La successiva mano tesa al commerciante caduto a terra e i guai fisici “certificati” da una perizia, dimostrano l’assenza di cattive intenzioni. In subordine il pm chiede l’assoluzione per legittima difesa: la reazione, se c’è stata, è da considerarsi proporzionata alla situazione di pericolo, che non si era cercata, vissuta dall’imputato. L’avvocato Raimondi si è associata alle richieste della pubblica accusa: «Il fatto che dovesse sostenersi con un bastone per tenersi in equilibrio è incompatibile con l’ipotesi di esercitare la forza attraverso una spinta». La sentenza è attesa per l’8 luglio.

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