Morto facendo wakeboard a Ravenna, chi era la vittima

Era una sua passione. E dall’Emilia era venuto apposta a Ravenna in camper, per trascorrere alcuni giorni e allenarsi in uno dei laghetti artificiali di Porto Fuori, divenuto polo d’attrazione per gli amanti del wakeboard. Un centro adatto a tutti, esperti e principianti, senza barriere architettoniche per chi, come lui, è costretto in sedia a rotelle ma non si arrende alla disabilità. Andrea Mancini, 55enne residente a Crespellano, località nel comune di Casalecchio di Reno, è morto qui, ieri pomeriggio. Seduto sulla speciale tavola galleggiante, specifica per la sua paraplegia, è finito contro un traliccio dell’impianto di traino della fune che lo stava spingendo a tutta velocità sulla superficie del Lago Medio. Non c’è stato nulla da fare. Né l’intervento tempestivo del personale della struttura, né il tentativo di rianimazione con il defibrillatore prestato da uno degli impianti sportivi vicini, sono riusciti a salvargli la vita, prima ancora dell’arrivo dell’elicottero del 118.

Era socio della struttura

Non era uno alle prime armi, Mancini. Socio dello Starwake Park, l’associazione sportiva dilettantistica che gestisce la struttura, conosceva il funzionamento dell’impianto. Ieri pomeriggio, erano passate da poco le 15 quando si è preparato per andare in acqua. Casco e salvagente indossati, è salito sulla tavola impugnando il manico della fune. Da terra, i ragazzi lo seguivano ad ogni passo, pronti a intervenire ad ogni esigenza. Da qui hanno azionato il sistema di pulegge attraverso le quali passa la fune di traino. Non è chiaro quanti giri avesse già fatto; a un tratto, imboccate le prime due torri fra le sei che compongono il meccanismo, il 55enne ha preso velocità effettuando una leggera curva che lo ha portato dritto verso il traliccio che affiora dall’acqua, installato a pochi metri dall’argine più lontano rispetto al punto di partenza. Lo ha colpito in pieno.

Tentativi di rianimazione

I soccorritori del circolo lo hanno raggiunto in pochissimi istanti. Così avrebbero riferito più e più volte agli agenti della polizia di Stato, giunti sul posto con pattuglie delle Volanti, della Squadra Mobile e della Scientifica. Si sono attaccati a un’altra fune e sono partiti per soccorrerlo, anticipando così il tempo tecnico che avrebbe richiesto l’utilizzo della barca. Mancini era però privo di sensi. Portato a riva, hanno tentato di rianimarlo, ma invano. «Non abbiamo mai visto una cosa del genere», hanno detto alcuni di loro ormai trascorse ore dall’accaduto, comprensibilmente scossi da un dramma la cui dinamica sarà ora al vaglio della magistratura.

«Ero arrivata subito dopo il lavoro... ho pensato, così sto un po’ con papà... e guarda che cosa è successo...». Gaia, la figlia di Andrea Mancini, prende fiato e si concede un minuto di sfogo, tra una telefonata e l’altra. Lei lavora a Ravenna, e proprio ieri pomeriggio aveva deciso di raggiungere il padre, giunto dal Bolognese in camper, allo Starwake Park di cui è a sua volta socia. Attorno a lei ci sono altri ragazzi del centro, la madre di uno di loro le fa coraggio. E’ successo tutto in un attimo. «Hanno fatto il possibile, sono intervenuti in 30 secondi», dice lei.

Informata la Procura dell’accaduto, è stata allertata anche la medicina del lavoro per effettuare un sopralluogo. Sul posto anche il medico di base, per una prima ricognizione cadaverica, prima del recupero della salma, sulla quale è probabile venga disposta l’autopsia per chiarire le esatte cause della morte. L’impianto è stato immediatamente chiuso, in vista del sequestro, che potrebbe essere già stato disposto nella serata dal pm di turno Marilù Gattelli. Per tutto il pomeriggio gli agenti della polizia di Stato hanno sentito i testimoni dell’incidente. Fra loro anche il presidente del centro, Gianluca Lucchi, presente insieme al proprio legale, l’avvocato Fabrizio Briganti.

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