“Sono 909 i lavoratori che da gennaio a ottobre 2022 hanno perso la vita da Nord a Sud del Paese con una media di 90 vittime al mese, erano 88 fino a settembre 2022. Una media tragica che, oltre ad aumentare rispetto al mese precedente, sottende oltre 21 decessi alla settimana e circa tre infortuni mortali al giorno. Sono 659 gli infortuni mortali verificatisi in occasione di lavoro e 250 in itinere (cresciuti del 24% rispetto allo scorso anno quando era ancora assai diffuso lo smart working). Nel periodo gennaio-ottobre 2021 invece i decessi totali erano 1017 e – quindi come nei mesi scorsi – stiamo osservando un apparente decremento della mortalità (-10,6%). Ma, ancora una volta, non possiamo fare a meno di sottolineare e ricordare come quest’anno siano quasi sparite le vittime Covid (10 su 909 secondo gli ultimi dati disponibili di fine ottobre 2022) che, invece, lo scorso anno costituivano tragicamente oltre un quarto dei decessi sul lavoro (282 su 1017). Ciò significa che gli infortuni mortali “non Covid” sono cresciuti del 22% passando dai 735 di fine ottobre 2021 agli 899 del 2022. Quest’ultimo dato è del tutto analogo a quello del 2019, epoca pre-covid, a dimostrazione che il tragico fenomeno delle morti sul lavoro sostanzialmente non subisce diminuzioni da anni.
E, per spiegare con maggior chiarezza la gravità della situazione in Italia, l’Osservatorio Sicurezza sul Lavoro Vega Engineering di Mestre elabora come sempre il rischio reale di morte dei lavoratori, regione per regione e provincia per provincia. L’Osservatorio mestrino analizza così l’indice di incidenza della mortalità, cioè il rapporto degli infortuni mortali rispetto alla popolazione lavorativa regionale e provinciale, la cui media in Italia nei primi dieci mesi dell’anno è di 29,2 decessi ogni milione di occupati. Questo indice, un vero e proprio “indicatore di rischio di morte sul lavoro”, consente di confrontare il fenomeno infortunistico anche tra regioni con un numero di lavoratori diverso.
Sulla base dell’incidenza degli infortuni mortali, l’Osservatorio Vega definisce mensilmente la zonizzazione del rischio di morte per i lavoratori del nostro Paese che viene così descritto – alla stregua della pandemia – dividendo l’Italia a colori. A finire in zona rossa alla fine dei primi dieci mesi del 2022, con un’incidenza superiore a +25% rispetto alla media nazionale (Im=Indice incidenza medio, pari a 29,2 morti sul lavoro ogni milione di lavoratori) sono: Valle D’Aosta, Trentino-Alto Adige, Umbria, Calabria e Basilicata. In zona arancione: Puglia, Campania, Sicilia, Marche, Toscana, Molise, Veneto e Piemonte. In zona gialla, cioè sotto la media nazionale: Abruzzo, Lazio, Emilia Romagna, Lombardia e Sardegna. In zona bianca, ossia la zona in cui l’incidenza delle morti sul lavoro è la più bassa: Liguria e Friuli-Venezia Giulia.
Sempre in cima alla graduatoria con il maggior numero di vittime in occasione di lavoro è – possiamo dire inevitabilmente a livello statistico – la regione con la più alta popolazione lavorativa d’Italia, cioè la Lombardia (107) che, per contro, come abbiamo visto in precedenza, presenta un’incidenza di infortuni mortali al di sotto della media nazionale, collocandosi così in “zona gialla”.Seguono: Veneto (62), Lazio e Campania (58), Piemonte (52), Emilia Romagna (49), Toscana (47), Puglia (44), Sicilia (43), Trentino-Alto Adige (28), Calabria e Marche (20), Umbria (14), Sardegna, Abruzzo e Liguria (13), Basilicata (7), Valle D’Aosta (6), Molise (3) e Friuli-Venezia Giulia (2). Per quanto riguarda le province romagnole: Ravenna è al 22° posto con il 46,6% di indice infortuni sugli occupati; Forlì-Cesena è 32ma con il 40,4%; Rimini è 92ma con il 13,8% (dati Inail).