Monica Donini: "Ecco come si elegge il Presidente della Repubblica"

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Sono la presidente dell’assemblea legislativa Emma Petitti, il presidente della Regione Stefano Bonaccini e il capogruppo della Lega Matteo Rancan i tre delegati eletti a rappresentare l’Emilia-Romagna dal prossimo 24 gennaio, a Roma, quando verrà eletto il nuovo Presidente della Repubblica.

I due cesenati

La prima elezione presidenziale con anche delegati emiliano-romagnoli fu quella del 1971, in cui fu eletto il democristiano Giovanni Leone, da allora sono stati solo due i cesenati che hanno partecipato in qualità di “grandi elettori” alla votazione di un Presidente della Repubblica: Libero Gualtieri (Pri) che partecipò nel 1978 alla votazione in cui venne eletto Sandro Pertini, e Monica Donini che partecipò nel 2006 alla prima elezione di Giorgio Napolitano.

«Un privilegio»

Donini all’epoca era presidente dell’Assemblea legislativa, era stata eletta nel 2005 con Rifondazione comunista: «Fu un bel privilegio, ci si sente onorati, è un momento fatto di rituali, con un suo linguaggio, ed è un esperienza fatta anche di lunghe attese», attese che non sono vuote: «Si facevano riunioni continuamente: di gruppo, di coalizione, all’epoca c’era l’Unione. E in queste riunioni venivano indicate le delegazioni che dovevano andare a trattare con l’opposizione». L’obiettivo era quello di allargare la base del consenso perché era chiaro a tutte le parti l’importanza istituzionale del ruolo.

Il primo Napolitano

«Il nome di Napolitano circolava da subito. Solo D’Alema provò a metterlo in discussione aprendo alla critica e ricordo una reazione irritata di Prodi, che nonostante la nomea di persona mite, fu molto netto: quello era “il” nome del centrosinistra e non era oggetto di trattative», ricorda Donini. I numeri c’erano ma non per la maggioranza qualificata. La quarta votazione era quella “seria”: «In questi giorni si sente parlare delle strategie per contare i voti, anche allora vennero messe in atto. Ad ogni gruppo veniva indicato come scrivere il nome. Era un modo per contare i voti». A quelle strategie il presidente della Camera Fico sta cercando di porre argine, pare, con l’indicazione di leggere solo il cognome del candidato al momento dello spoglio. L’Unione al quarto scrutinio era certa di avere i numeri, ma voleva evitare la contrapposizione: «L’accordo che si raggiunse con il centrodestra fu che loro avrebbero votato scheda bianca, solo la Lega votò Bossi. Prodi il giorno dopo disse che gli elettori del centrodestra sembravano bersaglieri per quanto correvano veloci nel corridoio che portava all’urna. Andavano veloci per dimostrare di aver votato scheda bianca».

Nessun pronostico

Per questa elezione Donini preferisce non fare pronostici: «Elegge il presidente chi ha la forza dei numeri. Nel 2006 nonostante la consapevolezza del potere dei numeri, si cercò la partecipazione dell’opposizione. C’era un forte senso istituzionale, oggi le cose sono cambiate, e questo non è un giudizio ma un dato di fatto. Non so come andrà, spero sia una persona capace, un paladino della Costituzione. Temo venga eletto qualcuno che non mi rappresenti. I nomi che stanno circolando non li vedo adeguati e non è una questione di appartenenza politica, ma più di appartenenza alla Costituzione, si spessore culturale e politico». Se invece le si chiede un nome “impossibile” la risposta è: «Fausto Bertinotti, lui sì che sarebbe capace».

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