Mondaino, il teatro di Raffaello Baldini disegnato

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La sua genialità, nota oltre i confini europei, passa da molteplici arti, in primis il disegno, che quando lo anima diventa parlante. Questa volta si misura col teatro e con la voce potente di Raffaello (Lello) Baldini. Parliamo di Gianluigi Toccafondo, sammarinese e bolognese di adozione, che insieme alla fumettista Francesca Ghermandi porta in scena al teatro Dimora di Mondaino, stasera alle 21, la prova aperta de Il teatrino di Raffaello Baldini dopo una residenza creativa all’Arboreto.

Un progetto ideato, diretto e disegnato da Francesca e Gianluigi che parte da testi di Baldini e vede sul palco l’attrice Nicoletta Fabbri assieme a una quindicina di allievi della scuola elementare di Mondaino.

«Ho scoperto Baldini grazie al Cantiere poetico per Santarcangelo, chiamato da Fabio Biondi e Stefano Bisulli nell’edizione a lui dedicata, e mi si è aperto un mondo. Ciò che narra nel suo dialetto, che è una lingua potente, non è mai dolce e non c’è nessuna consolazione finale, è feroce e modernissimo. Feci tantissimi disegni di quei suoi personaggi al punto da pensare di farne un giorno i protagonisti di un teatro dei burattini. Poi è passato del tempo ma Biondi, direttore del Cantiere, è tenace, è uno che non molla».

E da qui allo spettacolo teatrale: quale è stata l’evoluzione?

«Osservando i lavori di Francesca ho capito che i suoi disegni erano più adatti per la ricchezza dei paesaggi e le infinite espressioni, così sono nate le maschere che indosseranno Nicoletta e i bambini in un vero e proprio spettacolo, non più un teatro di burattini».

Che ruolo hanno i bambini?

«Per me, Francesca e Nicoletta lavorare coi bambini è una scommessa e la nostra idea, credo buona, è fare uno spettacolo di bambini per gli adulti, avrei voluto farlo vietato agli under 70!».

Avete lavorato sulle poesie o sui monologhi?

«Sulle poesie. Il canovaccio dello spettacolo si basa sul collegamento tra i personaggi e le storie delle poesie, c’è lo schifiltoso, il lozzoso, lo sconsolato, la donna che va al mercato e si lamenta di non trovare nulla, quello che ha paura dei pipistrelli, o che cerca di capire chi l’ha chiamato al telefono perché non ha fatto in tempo a rispondere, l’ossessionato dai ladri che non sa cosa gli hanno rubato. E i mascheroni sono perfetti per rappresentarli, diventano maschere alla stregua di quelle della sua poesia sul carnevale».

Poesia e disegno si sposano bene?

«Uno sposalizio perfetto, quando trovi un linguaggio così forte il disegno lo segue: visivamente ti si aprono dei mondi infiniti. In Baldini poi tutto diventa magico perché si muove su una specie di confine tra arte alta, sofisticata ed espressione popolare, in cui è capace di sublimare anche le parolacce».

Dopo la prova aperta, seguirà un debutto?

«La facciamo proprio per capire se andare avanti, per ora stiamo leggeri, senza musica, senza video, tutta voce, e non la consideriamo una prima. Cerchiamo di capire come si potrà evolvere».

Chiediamo a Nicoletta Fabbri: e queste maschere giganti?

«Per la loro grandezza e i loro contenuti fanno strada al flusso interminabile di pensieri che Baldini riversa dalla sue poesie, direi che sono le vere protagoniste».

Però lei recita, e lo fa anche in dialetto, con Baldini ha da sempre un feeling.

«Certo, e ne sono molto felice. Averlo conosciuto è stato un privilegio».

Toccafondo, rispetto alle tante cose che fa, cortometraggi, video, spot, copertine, sigle, loghi, titoli animati, ma anche aiuto regia, scenografia, costumi, cosa la intriga di più e cosa vorrebbe fare che ancora non ha fatto?

«Mi attacco sempre a cose e ambienti che conosco poco perché sono curioso e lì imparo molto. L’animazione è il mio mondo più naturale ma se rimanessi bloccato sui disegni, che già sono sui 10mila all’anno, diventerei una macchinetta, anzi diventerebbe un problema psichiatrico. Allora io cambio tavolo e accetto proposte differenti ed è interessante lavorare su committenze diversificate. Dopo l’opera è arrivato il teatro, che è così povero, e dove puoi inventare tutto, è uno stimolo grandioso. Lavorare in condivisione mi piace davvero molto, collaborando con altri ci si mette a disposizione e si cresce».

Quindi coltiverà il teatro?

«Mi piacerebbe fare un teatrino ambulante all’aperto».

Lei lavora sui cartoni completamente a mano, oggi invece vengono affidati al computer.

«Io dico sempre che mi sento come chi fa le tagliatelle a mano, con quella irregolarità e robustezza che fanno la differenza. Se tu vuoi fare un errore, sulla carta è un’improvvisazione, nel computer devi programmarla. Molti giovani disegnatori mescolano i due linguaggi proprio per creare quella improvvisazione e quella precarietà che sono poetiche».

Il suo film “Dreamland” ha vinto il Nastro d’argento 2022.

«Potevano darmelo d’oro! Così sembra che sia arrivato secondo! Battute a parte sono contento perché è un film particolare partito da una idea sulla Tosca, mentre lavoravo col Teatro dell’Opera di Roma portando le opere liriche all’aperto nelle periferie nell’ambito del progetto Opera camion».

Di che cosa tratta?

«È un cortometraggio animato sugli spazi di Roma e del Lazio legati alla lirica. Ci ho lavorato nel periodo della pandemia producendo migliaia di disegni seguendo la musica di Catalano come fosse una sceneggiatura».

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