Monasteri nel Faentino in declino: destino pieno di incognite

Faenza

Da due anni le monache Clarisse di Faenza hanno lasciato il grande monastero di via della Croce per insediarsi a Monte Paolo presso il convento abbandonato dai frati Minori Francescani, lo stesso dove trascorse un anno di vita Sant’Antonio da Padova. È qui che madre Mariangela, cinque consorelle più una novizia, hanno trovato una nuova serenità, in un ambiente più consono e sostenibile per le loro possibilità. «Vorremmo – ha fatto sapere la superiora – che questo Eremo divenisse per ciascuna di noi e per quanti salgono quassù un luogo di incontro con Dio, come lo è stato per sant’Antonio. Qui intorno ci sono agriturismi, trattorie, ristoranti che invitano a frequentare la zona. Se salendo si avvertisse il desiderio, la fame di incontrare il Signore, noi siamo qui».

Turismo religioso

Un appello che strizza l’occhio al turismo religioso, e a chi intende i luoghi dello spirito come oasi di pace, arte e cultura. Le suore rimarcano che loro resteranno sempre le Clarisse di Faenza, ovvero quella comunità religiosa presente in città fin dal 1223. Nel corso dei secoli si sono occupate di accoglienza, educazione, istruzione, tessitura, ricamo e da ultimo sono tornate alla vita monastica. Poi il calo numerico, l’età che avanza, i cambiamenti esterni e quel monastero che diventa troppo grande da gestire con le loro forze. «Perciò abbiamo colto in questo trasferimento una chiamata a una vita minore – sostiene suor Mariangela – a quella vita prediletta da Francesco. Ora siamo felici in questa nuova casa e vorremmo che i fantini sentissero la nostra vicinanza e ci facessero sentire la loro».

Il percorso delle Clarisse è comune ad altre realtà monastiche del territorio, dove i volumi delle strutture occupate da poche sorelle, i costi, la manutenzione, le attività da svolgere sono sovradimensionati rispetto alle forze in campo. Non aiuta la mancanza di vocazioni, e anche la tipologia dell’offerta si scontra con concorrenti laici sul mercato con le medesime proposte (accoglienza, convitto, alloggio, asili).

Le suore di Fognano

Poi c’è il caso delle suore Domenicane di Fognano. Mentre le Clarisse hanno trovato la loro strada, le “colleghe” stanno vivendo una situazione di stasi e incertezze. Non è ancora chiaro quale sarà il loro futuro: vorrebbero restare, ma subiscono continue pressioni tendenti a svuotare il mega monastero. Ed è qui che nascono le controversie perché vi sono problemi di residenza, di proprietà, di contenuti spesso tutelati dalle Belle Arti, di destinazione in una nuova casa.

Le Clarisse faentine hanno dichiarato che firmeranno la cessione alla Diocesi del monastero lasciato libero a Faenza. Le Domenicane invece non paiono intenzionate né a lasciare, né a concedere il complesso. Su questi svuotamenti resta in ogni caso una grande incognita: quale altro utilizzo possono avere simili immobili? A Faenza si era parlato di utilizzare Santa Chiara come Casa della salute, soluzione poi sfumata.

A Fognano pare stia venendo avanti una soluzione di riconversione immobiliare, suore permettendo, ovviamente. Molti si chiedono se non fosse stato il caso di accentrare in un unico monastero più congregazioni in esaurimento, lasciando a ciascuna la libertà e gli spazi per continuare a seguire le regole del proprio ordine.

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