Monaci e sorelle: in 4 a Cesena in aula a difendere Padre Orfeo

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Si è tenuta ieri in curia quella che potrebbe essere l’ultima seduta prima del giudizio nel processo canonico extragiudiziale che vede accusato Padre Orfeo Suzzi, fondatore della Piccola Famiglia della Resurrezione di Valleripa, e il vescovo Douglas Regattieri nel ruolo di accusatore e giudice al tempo stesso. Quella di ieri era la 2ª udienza dedicata all’ascolto dei “testimoni” a favore di Padre Orfeo, un ascolto cominciato a metà maggio, quando a rispondere alle domande dell’accusa c’era anche lo stesso padre Orfeo.

I “testimoni”

Davanti al vescovo Regattieri, affiancato da don Marco Muratori e don Andrea Budelacci, sono comparsi come “testimoni” le monache Lucia, Agnese e Alphonsa e il monaco Pietro assistiti dall’avvocata Paola Cipolla che segue la causa di Padre Orfeo. Tutti e 4 hanno presentato delle memorie scritte e si sono prestati a rispondere alle domande che, riferiscono, «erano rivolte per lo più ad indagare il rapporto tra il Padre e il vescovo e tra noi e il Padre». Tra le accuse più gravi, sotto il profilo ecclesiastico, da cui deve difendersi Padre Orfeo c’è infatti la mancata obbedienza al vescovo.

Liberi nell’obbedienza

Ieri, riferiscono i quattro monaci, «Abbiamo raccontato che c’è una falsità di fondo nell’interpretazione di quanto accaduto e una ignoranza da parte del clero locale rispetto alla vita monastica e quello che comporta». Pietro, nome monastico di Paolo Gualtieri, ritiene quanto accaduto alla comunità di Valleripa, la conseguenza di una «congiura di malfamazione»: «Quelli che sono i punti di forza della vita spirituale monastica, sono diventati leva dell’accusa, e il risultato è che tutto viene compromesso». Alcune delle contestazioni del vescovo a padre Orfeo riguardano la somministrazione dei sacramenti: «Siamo testimoni oculari del fatto che don Orfeo ha sempre agito secondo le indicazioni del vescovo, chiedendogli il permesso tutte le volte che era necessario. Permesso che il vescovo ha accordato anche se ora dice di essersi trovato di fronte ad insistenze tali da non aver potuto dire no, come invece avrebbe voluto».

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