Valle del Savio, moglie picchiata e schiavizzata: condannato a 3 anni e mezzo

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Storie di “ordinaria barbarie”: almeno per alcune parti del Maghreb dove l’uomo è padre - padrone, le spose vengono decise “a tavolino” dai parenti in tenera età e devono sottostare ai voleri del marito. Non per la legge italiana e per la normalità di vita della Valle del Savio: dove la donna ha trovato la maniera di denunciare cosa le stava accadendo da anni e lui, 33enne da anni residente in zona, adesso è stato condannato a tre anni e mezzo di cella, dopo una precedente condanna (per fatti analoghi) ad un anno patteggiato. La coppia non è più tale. Non riportiamo le generalità dell’uomo per non svelare conseguentemente chi sia la vittima dei reati contestati in aula. La donna vive ancora in Italia ma lontano dai pericoli creati da suo marito. Ora ha 28 anni: tra l’agosto del 2016 e il marzo del 2018, stando alla accusa esaminate dal giudice Marco De Leva (il pm in aula era Laura Brunelli) è stata sottoposta ad una serie di sevizie e costrizioni. Costretta ad una sorta di schiavitù da parte del compagno anche per accudire sua suocera. La cultura è quella del padre padrone assoluto della sua donna. Si tratta in questo caso di una famiglia di origini marocchine residente nella vallata del Savio. Marito e moglie sono cugini di primo grado. Sono stati “assegnati” l’uno all’altro per decisione dei rispettivi genitori. Sapevano che sarebbero diventati marito e moglie già all’età di 12, anni quando vivevano ancora in Marocco. Famiglie di origine per le quali “la normalità” è che la donna debba chiedere il permesso anche solo per uscire di casa. Deve lavare i pani a mano e “servire” laddove richiesto anche la suocera, se il marito lo pretende. Trasferiti in Italia dopo il matrimonio (prima l’uomo, poi la moglie lo ha raggiunto) lui non le consentiva alcuna autonomia, impedendole di uscire da sola, di cercare lavoro, di comunicare con persone diverse dai famigliari di lui, pretendendo di controllare tutte le sue comunicazioni. Le aveva fatto scadere anche i permessi di soggiorno per esser certo di mantenere il controllo assoluto. Poi le botte: pugni, schiaffi, spinte in più occasioni. La donna è stata anche colpita con un coltello ed anche frustata alla schiena con un tergicristallo da autovettura. Naturalmente le veniva vietato anche di recarsi in pronto soccorso per farsi medicare le lesioni. Anche quando un pugno le aveva causato danni molto seri. Cose atrocemente “normali” nella cultura di questa famiglia, come ha sottolineato anche difensore dell’uomo (l’avvocato Raffaele Pacifico). Dove i bambini crescono “nella convinzione” che un matrimonio combinato tra cugini ed il rispetto di certe regole sia la normalità. In qualsiasi luogo si scelga poi di vivere al mondo. Atrocità da condannare oltre che per la procura anche per l’avvocato di parte civile Francesca Battistini. Alla fine i giudice ha sposato questa tesi ritenendo provati gli episodi descritti ed il contesto generale di vessazioni patite. Per l’uomo, che vive spostandosi tra la Valle Savio ed il Marocco, la condanna letta è di 3 ani e 6 mesi di reclusione.

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