La moglie del medico morto di covid: "Non era un eroe, era buono"

Rimini

RIMINI «Era un bravo medico, un bravo marito e un padre affettuoso». Maria Piccolo, la vedova di Maurizio Bertaccini, ricorda con poche, semplici e commosse parole il marito scomparso nella mattinata di ieri a causa dell’infezione da Covid - 19. Nel dolore vivo del lutto, la donna, madre biologica di sei degli otto figli che ha cresciuto insieme al marito con cui è stata sposata per 40 anni, spiega che non avrebbe mai immaginato che sarebbe «andata così». «Maurizio non aveva paura, faceva il suo dovere da medico, e confidava che protezioni e distanza fossero sufficienti».
Signora Maria, le condizioni di suo marito erano apparse da subito critiche?
«No, infatti per i primi quattro giorni dopo l’insorgenza dei sintomi era rimasto a casa, poi ha iniziato a peggiorare e allora è stato disposto il ricovero in ospedale. Inizialmente non era in terapia intensiva, e sembrava anche che stesse rispondendo bene alle cure, ma poi la situazione è peggiorata repentinamente, fino ad arrivare alla necessità di essere intubato, venendo quindi trasferito in Rianimazione. Tutte le sere ci contattavano i medici per riferirci le sue condizioni, e lunedì sera, la sera prima che morisse, ci avevano detto che era stabile, nella sua gravità. Invece stamattina (ieri mattina, ndr) è arrivata la notizia tragica. Non ce lo aspettavamo, in neanche un mese se n’è andato».
L’ultima volta l’avete visto tre settimane fa?
«Dopo che l’ambulanza è venuta a prenderlo per portarlo in ospedale lo abbiamo visto, anche se da lontano, quando era negli Infettivi. Dopo che è stato ricoverato in Rianimazione, invece, mai più. E ora la “vedremo” solo per il funerale, nei prossimi giorni, ma dietro il legno di una bara chiusa».
Quando è scoppiata l’epidemia suo marito aveva paura?
«No, lui non aveva paura, era un uomo molto religioso e molto devoto al suo lavoro e ai suoi pazienti, per cui faceva il suo dovere. Era molto amato dai suoi assistiti, e lui non si sarebbe mai sottratto alle loro necessità. Era tranquillo, e confidava che i dispositivi di protezione e le distanze fossero sufficienti per non contrarre la malattia. Invece non è andata così».
Qualcuno di voi, della famiglia, si è ammalato?
«No, noi stiamo tutti bene per fortuna, anche se viviamo in dieci in casa, e nonostante siamo sempre in contatto con la comunità di Montetauro, di cui facciamo parte, e che era così amata da mio marito. Non vivevamo lì, ma ne siamo parte: una delle nostre figlie è infatti una suora della comunità».
Le piace pensare a suo marito come un eroe?
«Maurizio era conosciuto per la sua bontà, non era certo un eroe. Il suo lavoro lo amava e i suoi pazienti lo amavano davvero. Oggi ho ricevuto tantissime telefonate, è stato un susseguirsi continuo. Ma no, non lo definirei un eroe. Era un uomo molto amato, questo sì».

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