Migranti, la Prefettura cerca nuove case. I servizi non bastano più, «servono nuove soluzioni a fronte di compensi in calo».
Nei giorni scorsi l’organo territoriale del Governo è sceso in campo lanciando un avviso pubblico per l’acquisizione di manifestazioni di interesse: obiettivo, potenziare i servizi di accoglienza a favore di cittadini stranieri che, in fuga dall’orrore della guerra o da violenze di ogni sorta, richiedano protezione internazionale.
A fare il punto su una situazione complessa è Gianpiero Cofano, segretario generale della Comunità Papa Giovanni XXIII. «In questa tornata – esordisce – a noi saranno destinate poche unità, perché le nostre strutture sono al completo e non abbiamo altri posti dove accogliere i nuovi arrivati». Quanto alle Prefetture «non sanno più come fare – allarga le braccia Cofano – perché le strutture sono tutte piene e siamo sollecitati a trovare nuove soluzioni».
Difficile peraltro fornire numeri puntuali perché, come chiarisce, il flusso dei migranti è pressoché continuo. Una situazione al limite «che continua da mesi e non si registrava da quattro o cinque anni», afferma facendo mente locale.
Intanto dalla cabina di regia ufficiale è Roma che gestisce un nodo di stringente attualità, comunicando alle Prefetture di ogni singola regione gli arrivi, città per città, che poi vengono affidati e presi in carico dalle varie associazioni locali che hanno superato i bandi.
Compensi in calo
Sulla spinosa questione interviene anche Marco Fardo, presidente della cooperativa Terre solidali sociale di Rimini che ricorda il bando lanciato dalla Prefettura a inizio 2023 per assegnare circa 400 posti in unità abitative o centri collettivi. Il pienone delle strutture, dice, si traduce ora nella ricerca di nuovi posti dove sistemare i migranti. Ai bandi non partecipano solo associazioni operative nel territorio di Rimini che comunque da anni lavora riguardo a questo tema, alla luce di una solida esperienza maturata sul campo.
Detto questo, il presidente di Terre solidali sociale punta i fari sull’abbassamento delle tariffe emerso già nel bando diramato il 19 luglio scorso e poi entrato in vigore a inizio agosto. «Dati alla mano – spiega ancora Fardo – si è passati da 34,50 euro al giorno per ogni persona assistita a circa 28. Cifre precipitate a picco rispetto ai 45 euro di una dozzina di anni fa, fermo restando che non è mancato un bando, poi andato deserto, che prevedeva 20 euro».
Anche nel nuovo avviso della Prefettura si parla di cifre giornaliere per ogni assistito. Si va da 26,03 euro per le unità abitative a 30,17 euro per i centri collettivi, oltre a 300 euro in entrambi i casi per la fornitura del kit di primo ingresso (ad esclusione della scheda telefonica) a ciascun migranti. Commenta Fardo: «Rientrare con le spese è un po’ più facile, sebbene non sempre, qualora si possa contare su immobili di proprietà o su contatti con la Diocesi o con altre realtà del territorio, mentre gli scogli maggiori sono destinati ai privati medio piccoli che devono prendere in affitto spazi a fronte anche di una mole di lavoro quotidiana fra incartamenti e rendicontazione».
I lacci della burocrazia, dunque, non hanno tuttavia fermato la sua società cooperativa che, nel 2023, ha aiutato 35 persone. «Non tutte sono rimaste in Italia – chiarisce – alcuni raggiungono quasi subito la Francia o altri Paesi». Gli altri aspettano di incontrare la commissione territoriale (per Rimini la più vicina ha sede a Forlì) per raccontare il loro vissuto dalla guerra che ha dilaniato la loro terra o da violenze subite. L’iter prevede che, dopo qualche mese, sia rilasciato un permesso di soggiorno come richiedente protezione internazionale ma, «a causa dei continui arrivi, la commissione è indietro coi lavori di circa un anno».
«Una macchina molto complessa», riconosce il presidente rammaricato che «anziché investire sull’immigrazione puntando sull’integrazione si taglino i fondi e di conseguenza i servizi».