Michela Calzoni al Camera Jazz Club di Bologna: l'intervista

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È stata una delle voci per il centenario del Grand Hotel di Rimini e non ha mai spezzato il suo legame con la Romagna. Michela Calzoni, interprete bolognese sulle scene da più di un decennio, si esibirà questa sera alle 22 al Camera Jazz Club di Bologna, dove sta per concludersi la stagione autunnale con gli ultimi concerti prima delle vacanze. La cantante sarà accompagnata per l’occasione da tre musicisti di fiducia: Dario Rossi alla batteria, Stefano Senni al contrabbasso e Claudio Vignali al pianoforte.

Michela, ci racconti come nasce la sua passione per la musica.

«Ho amato la musica fin da piccola: a tre anni chiesi ai miei genitori di regalarmi un microfono. Ovviamente era finto, ma non mi impediva di esibirmi a squarciagola. A 11 anni mi sono avvicinata al pianoforte e tre anni dopo, finalmente, ho impugnato un microfono vero, quando ho iniziato a studiare canto a livello professionale. Mi sono anche laureata in Psicologia, ma c’è stato un momento in cui ho capito che la mia vita sarebbe stata completa solo se mi fossi dedicata esclusivamente alla musica e questo ho fatto».

Il suo è un repertorio molto particolare e vario, che spazia da standard jazz alle sonorità del soul, fino alla musica pop. A cosa si deve questa scelta?

«Direi che risente di una vita di ascolti a loro volta molto vari. Sono cresciuta con David Bowie, con il rock, ma anche con il cantautorato italiano, in particolare Gaber. Non mi dedico prettamente al jazz perché non mi ritengo una cantante jazz. Sono un’interprete: mi piace proporre al pubblico testi che fanno parte della mia storia, ma in chiavi diverse, riarrangiati anche con sonorità jazz. Il risultato sul palco è un sound coerente pur selezionando brani da tradizioni diverse».

Esibirsi dal vivo è sempre un’emozione, ma come è stato salire di nuovo su un palco dopo lo stop causato dalla pandemia?

«È stato significativo per tante ragioni. Il palco è un ambiente che va coltivato e che va frequentato il più possibile. Un’attesa così prolungata, oltre a interrompere una continuità, può provocare anche ansia, che non nascondo di avere avuto. Alla fine però è stata la gioia a prevalere, non solo perché la riapertura ha consentito a me e a tanti musicisti professionisti di tornare a fare ciò che amiamo di più, ma anche perché per la prima volta ho pensato che l’emergenza sanitaria potesse effettivamente risolversi. Ho compreso che nulla è da dare per scontato e per questo, oggi, salire su un palco ha un valore ancora più forte».

Sappiamo che ha un legame preferenziale con Rimini. Se dovesse associare una canzone a questa città, quale sarebbe?

«Sono affezionatissima a Rimini, ci ho passato tutte le estati, fin da bambina. Mi piace considerarla la mia città d’adozione. Tante canzoni me la ricordano, perché le associo agli infiniti momenti che mi legano a questa città. Se dovessi sceglierne solo una, sarebbe Mia malinconia, che cantai anche nel 2008, per il centenario del Grand Hotel. È un testo di Lina Wertmüller, purtroppo scomparsa da poco, sulle note del tema di Amarcord, composto da Nino Rota. Penso che colga perfettamente la malinconia del film, ma con la leggerezza del riminese. Spero di poterla cantare di nuovo da vivo, magari proprio a Rimini».

Info e prenotazioni: 391 1682442 camerajazzclub.com

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