Miami & The Groovers, il rock'n roll ai tempi del coronavirus

Spettacoli

RIMINI. A oggi sono quindici anni circa. Da quella volta i Miami & the Groovers hanno macinato chilometri su e giù per l’Italia, fino a spingersi a Londra o addirittura in Svezia. Ma credo non dimenticheremo mai l’ultimo weekend trascorso.
Le due tappe previste erano venerdì 21 febbraio al Circolone di Legnano e sabato 22 al Carnevale di Ivrea. Partenza nel pomeriggio e consueto carico di strumenti nel furgone. Per strada ci giungevano le prime notizie di coronavirus nei comuni del Lodigiano e le inquietanti immagini di una Codogna deserta. Capitiamo così, come vuole la legge di Murphy, nel bel mezzo della tangenziale Milano Ovest alle sei di sera. Dalle nostre frenetiche ricerche di aggiornamento sugli smartphone apprendiamo intanto che c’è la prima vittima del coronavirus. Dopo il lodigiano risulta coinvolto anche il Veneto con la provincia di Padova.
Prima tappa: Legnano
Arriviamo così al Circolone. Un locale che ha conservato una programmazione di concerti sempre di qualità negli anni, oltre a essere un luogo storico dove molti comici illustri hanno mosso i primi passi. Malgrado le prime voci di defezioni di concerti e locali deserti in Lombardia, la serata va miracolosamente bene; la sala adibita a concerti è piena di gente per un concerto che alterna momenti intimi ad altri energici in un’atmosfera quasi familiare.
Rientriamo in albergo. Sono lontani i tempi di chiacchierate fino a tarda notte nei bar; oggi, solitamente, dopo un concerto la gente saluta e va via mentre i camerieri ti spazzano quasi sopra i piedi per farti capire che è ora di andarsene. Perché ragazzi, sfatiamo un mito; il rock’n’roll non è solo donne e divertimento fino al mattino o, per quelli più estremi, sigarette strane o altre sostanze. È una scelta di vita che comporta sacrifici che mettono a dura prova il fisico, si dorme poco e a volte devi adattarti perché non tutti possono permettersi di ospitarti in albergo. A casa spesso lasciamo compagne/i che ci sopportano da anni, col nostro spirito da eterni ragazzi capriccioso. Le corde della chitarra si rompono (a volte anche le chitarre), le bacchette della batteria si spezzano, e qualche volta il microfono può finire sui denti del cantante. È uno sporco mestiere che riunisce quattro o cinque Don Chisciotte mossi da ideali più grandi di loro e da una malsana passione. Però ogni volta essere su un palco è un miracolo, è come per i più devoti vedere apparire la Madonna a Lourdes. In quel preciso momento ti rendi conto che stai facendo la cosa che ami di più, stai trasmettendo le tue aspirazioni più vere insieme ad altri pazzi come te, sognatori ed illusi.
Seconda tappa: Ivrea
Continuando il nostro percorso arriviamo a Ivrea e rimaniamo subito sorpresi dall’accoglienza dell’organizzazione del Carnevale. Un evento storico che va al di là dell’aspetto ludico perché si fonde con tradizioni antiche, con i vari rioni partecipanti dove l’aspetto comunitario è rimasto pressoché intatto coi loro simbolismi e il loro vistoso abbigliamento. Una festa vera e propria, coinvolgente, unica.
Dopo un veloce soundcheck (bisogna essere pronti anche a questo) assistiamo allo storico corteo. Nel pre-serata un deejay set ci manda un po’ nello sconforto con una calca di ragazzi che si muove a ritmo di brani trap e ci fa sentire la nostra inadeguatezza. Ma finalmente alle 23.30 è il nostro turno. Miracolosamente ci sono altri ragazzi sotto il palco, malati di rock’n’roll, di vita e di sorrisi. Il miracolo si ripete proprio quando pensi che sia troppo tardi. E quindi ci buttiamo nelle danze con i nostri strumenti e canzoni, citazioni di Elvis e Chuck Berry, Clash, Ramones, echi di Irlanda insieme, ovviamente, alle nostre canzoni. Siamo artigiani della qualità musicale (per citare un famoso spot, cominciamo a sentire gli acciacchi perché abbiamo superato tutti i quaranta, qualcuno come me si è spinto anche oltre) ma continuiamo a tenere vivo quel sogno.
Il rientro
Rientriamo in albergo. La mattina incrociamo persone provenienti da tutta Italia con le loro uniformi verdi e rosse pronti per la battaglia delle arance (che verrà poi annullata). Siamo stati fortunati, il coronavirus non ci ha sconfitto, come la voglia che continuiamo ad avere, ancora tutti, di godere della musica e delle sensazioni che trasmette.
Torniamo a casa, le famiglie ci aspettano. Nel viaggio di ritorno passiamo davanti all’autogrill di Fiorenzuola d’Adda chiuso e spettrale. Abbiamo vissuto un weekend che non dimenticheremo, a un passo da quelle zone rosse, ma crediamo nei miracoli e sappiamo che la gente tornerà a sorridere, cantare sotto un palco, come è sempre stato e come presto sarà.

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