RIMINI. C’è un viaggio che necessita di tempo, fatica e pazienza ma di poco spazio. Un viaggio che ognuno percorre con motivazioni diverse così come diverso è l’approdo finale. Parliamo del viaggio che compie chi decide di costruirsi una barca da solo. Sogno romantico? Esigenza pratica?
Le motivazioni
La persona più titolata a descrivere questa strana specie umana è l’architetto Rodolfo Foschi, nato a Rimini il 4 dicembre del 1941, e oggi residente in Toscana. Si calcola che siano fra 150 e 200 le barche autocostruite basandosi sui suoi disegni, progetti dedicati proprio ai costruttori fai da te.
L’identikit dell’autocostruttore? «Gli essere umani sono diversissimi anche quando si somigliano molto», spiega Foschi. «In genere i giovanissimi sognano di costruire la barca ma non lo fanno. Gli anziani vorrebbero ma mancano le forze. Per cui l’età in cui di solito si fanno queste cose è fra i 40 e i 50 anni. Il primo motivo lo individuo nel desiderio di usare le mani e trasformare la materia, gli oggetti inanimati in oggetti intelligenti. Chi lo fa soltanto con l’illusione di risparmiare soldi quasi sempre “naufraga” cammin facendo nel suo lavoro perché la fatica è tanta e anche il tempo da dedicare alla costruzione. Se lo fai divertendoti cominci a lavorarci con passione e finisci per lavorarci con disciplina, quasi come chi timbra il cartellino in fabbrica».
Si ama più il mare o la barca?
Foschi dimostra non solo di essere un grande progettista ma anche uno psicologo del mare. «Tagliando con l’accetta, gli amanti della vela», spiega, «si possono dividere in due categorie: quelli che amano il mare e quelli che amano la barca. Gli autocostruttori fanno parte abbastanza spesso di questa seconda categoria». Insomma, è più facili vederli in banchina a riparare e migliorare la propria barca che fuori a fare bordi. Le tante barche progettate da Foschi hanno navigato in lungo e largo per il pianeta e c’è anche chi ha fatto due volte il giro del mondo. «Ma c’è anche chi ha ultimato la barca, l’ha messa in acqua e poi dopo aver fatto quattro bordi al largo se ne è tornato in porto e ha cominciato a pensare alla costruzione di un’altra barca… Ci sono persone che ne hanno fatte persino tre!».
La barca nel giardino
Il riminese Bruno Lanzoni, 69 anni, è conosciuto negli ambienti nautici riminesi per essere quello che ha la barca in giardino ed è sicuramente uno che ama far lavorare le mani. Alla fine degli Anni Ottanta lui, che è figlio di un maestro d’ascia, si mette in testa di voler costruire una bella barca a vela, solida, in acciaio, capace di affrontare qualsiasi tipo di mare. Ma la vuol fare in economia così tra amici che vanno in Olanda a prendere i disegni del progettista Van De Stadt, macchine prese a noleggio, pezzi comprati dagli sfasciacarrozze e vele che arrivano da Hong Kong, nel 1994 vara la sua Iceberg. Ma non riesce a usare la barca che per pochi anni. Riesce anche a fare una navigazione fino a Pescara.
La mancanza di un posto barca lo costringe a continui cambi di ormeggio con chi lascia un buco libero. Si stanca e riporta la barca nel giardino di casa, a San Giuliano Mare. Oggi dopo dieci anni di lavoro, ha completato la ricostruzione di una casa nel Casentino, vicino a La Verna. «L’ho presa che era un rudere», dice. Ma non se ne sta fermo. «Ho costruito una macchina a controllo numerico e sono riuscito a realizzare un kayak!». E la vecchia barca, l’Iceberg nel giardino? «Mia figlia ha comprato casa in Portogallo, adesso il sogno è quello di navigare fin là. Perché comunque almeno un sogno bisogna sempre averlo».
Un sogno per i piccoli
E continua a sognare anche Werther Mussoni, 74 anni, il vecchio e storico presidente della Centofiori, la cooperativa riminese che si occupa del recupero delle persone con dipendenze. Ha iniziato costruendo una barchina di dieci piedi che ha usato per le sue navigazioni davanti alla spiaggia di Torre Pedrera. Poi ha portato al sua esperienza al servizio delle scuole, coinvolgendo bambini e ragazzini nella costruzioni di piccole barche e di modellini.
Dopo 11 anni di lavoro fatto un po’ alla volta (insieme ai soci Gilberto Vittori e Sandro Angelini) nel 2004-2005 ha varato la Maria, uno scafo in legno (progetto Foschi) di 8 metri. «Perché costruirla da solo? Perché pensi di risparmiare, ma non è vero… Però ti resta una grande soddisfazione e un’imbarcazione di cui sai tutto, pregi e difetti, e quando c’è un problema sai subito dove mettere le mani. Su alcune cose sei talmente sicuro che fai delle cose da matti. Su altre sai che è meglio lasciar stare». E il sogno continua.