Mercalli: "Estrazioni e cemento, Ravenna rischia di finire sott'acqua"

«Il consumo di suolo è un danno permanente e irreversibile. Un danno che peraltro possiamo vedere con i nostri occhi, a differenza di altri disastri ambientali ma proprio per questo possiamo fare qualcosa in più per fermarlo. Limitarlo dipende dalle nostre comunità, non da Biden o Putin».
Luca Mercalli, uno dei più noti climatologi e divulgatori scientifici italiani, non usa mezzi termini per spiegare quanto il consumo di suolo sia disastroso per l’ambiente. Ravenna in questa classifica è ai vertici delle graduatorie nazionali e all’orizzonte ci sono altri progetti che non permetteranno un’inversione di tendenza nei prossimi anni. Si pensi ad esempio alle piattaforme logistiche che porteranno via ulteriori terreni agricoli, ai piani urbanistici approvati recentemente o ai tanti centri commerciali già sorti o progettati. Se si pensa che il terreno agricolo non sia pregiato, Mercalli smentisce in fretta questa visione: «La qualità del suolo è divisa in otto classi – spiega –. Quella più pregiata è costituita proprio dai terreni agricoli mentre quelli meno buoni sono aridi e improduttivi, le pietraie».

Dottor Mercalli, nelle relazioni che si accompagnano a questi progetti si parla spesso di scarso valore ambientale di questi terreni agricoli. Come mai?
«È una visione sbagliata che mette al primo posto l’industria rispetto all’agricoltura. Sbagliata perché il mondo è instabile e, se è vero che oggi il commercio sopperisce alle necessità umane, non è detto che sia sempre così. Queste piattaforme logistiche sono pensate spesso su dati che potrebbero essere smentiti, chi ha questa visione di pirateria del suolo non si rende conto che un domani quei terreni potrebbero voler dire “cibo”. Il problema è che nella pianura Padana ci stiamo mangiando soprattutto i suoli più buoni».

Quindi il suolo ravennate è un suolo pregiato?
«Sì, di quelli che sarebbero da tenere come tesoretto per il futuro. Quanto sia buono il suolo della pianura Padana lo vediamo nelle nostre tavole: la grande gastronomia è figlia di quell’agricoltura. Ma non è solo questa la funzione del suolo».

Quali altre funzioni ha?
«Innanzitutto protegge la biodiversità: anche in campi non coltivati troviamo funghi, sottobosco, erbe. Inoltre nei giorni di grande calura, come quelli di questi giorni, in un luogo cementificato ci sono due o tre gradi in più rispetto alle zone libere. Non è tutto: a livello ambientale il suolo permette di stoccare carbone, ovvero di catturare la Co2. Non dimentichiamoci la funzione di depurazione dell’acqua e l’importanza di avere un suolo libero che evita le alluvioni; ovviamente se c’è cemento la pioggia non può essere assorbita. Sono tutti servizi irriproducibili: per questo il suolo deve essere protetto e non va sacrificato in nome di un’economia temporanea ed effimera».

Perché allora i progetti che consumano suolo, pur passando da attente valutazioni ambientali, ottengono così facilmente il via libera?
«Perché in Italia manca una legge efficiente per la protezione del suolo. E senza questa, una scappatoia tra cavilli e burocrazia si trova sempre. Ciò avviene nonostante un istituto ministeriale, l’Ispra, certifichi ogni anno la cementificazione che avanza: perdiamo due metri quadri di suolo al secondo».

E le compensazione ambientali?
«Non servono. Se perdiamo un ettaro di suolo non serve piantare alberi da un’altra parte. Anche i progetti di riforestazione non compensano questi progetti, non è il modo corretto di ragionare. Il suolo una volta perso non si può recuperare. Sarebbe come se io le proponessi di tagliarle una gamba e metterle una bella protesi. Suppongo che si terrebbe la sua gamba...»

All’ambiente si contrappone spesso la necessità dei posti di lavoro...
«Un altro modo sbagliato di ragionare perché se la cementificazione causa un aumento della temperatura climatica oppure un’alluvione, il prezzo che pagano i figli dei lavoratori, o anche gli stessi lavoratori, è superiore a quello economico. A Ravenna, ad esempio, a furia di supportare l’industria del petrolio siete una delle città che rischia di più con l’innalzamento del livello del mare. Non ne sarà valsa la pena».

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