Melucci: congresso del 1991 impeccabile

Cultura

Mi sono iscritto al Partito comunista italiano nel 1975. Prima di allora facevo parte del movimento studentesco senza appartenere a nessuno dei gruppi e sigle di quei anni. Segretario era Enrico Berlinguer, eletto nel 1974. Sono cresciuto politicamente sotto la spinta di Berlinguer e della sua visione dell’essere “comunisti in Italia”, al di qua del muro. Berlinguer, il protagonista di una politica estera peculiare del Pci senza la quale la proposta del «compromesso storico» non avrebbe avuto sufficiente forza e credibilità. La distensione europea, un marcato ruolo autonomo dell’Europa rispetto alla politica della distensione tra le due superpotenze, il riconoscimento delle alleanze politico-militari dell’Italia dentro la Nato. Berlinguer è stato innovativo anche nella politica interna. La salvaguardia dell’ambiente, il nuovo femminismo della “differenza”, la trasformazione tecnologica della società, la rifondazione etica e politica dei partiti meglio definita come «questione morale» oppure la politica dell’austerità i cui caratteri distintivi «erano lo spreco e lo sperpero, l’esaltazione di particolarismi e dell’individualismo più sfrenati, del consumismo più dissennato».
I successi elettorali
Sono cresciuto in questa cultura politica in quegli anni. Furono gli anni dei successi elettorali nei Comuni, della partecipazione, delle discussioni nelle sedi del Pci. Ricordo positivamente l’esperienza che ho fatto nella sezione del Pci della Cavaretta. Una delle sezioni più importanti di Rimini per numero di iscritti (oltre 300) e per qualità del dibattito. Una parte significativa del gruppo dirigente riminese era iscritto alla Cavaretta. Da Giorgio Alessi (segretario di Federazione) a Ruggero Diotallevi (assessore e per un periodo sindaco di Rimini) a Zeno Zaffagnini, solo per citare alcuni. Un luogo di discussione sui temi nazionali e locali. Allora si discuteva nelle sezioni, oltre che nei Quartieri, delle scelte amministrative. Ricordo una discussione sulla ex Colonia Murri. Purtroppo dopo 45 anni ancora non siamo riusciti a risolvere il problema. Le sezioni erano una palestra di confronto, approfondimento, studio, selezione dei gruppi dirigenti. Non voglio fare il nostalgico ma forse tra l’organizzazione di allora e la selezione dei gruppi dirigenti attuale che molte volte assomiglia a un casting per partecipare a un reality, è possibile una via di mezzo.
Poi gli anni bui del 77, il terrorismo, l’uccisione di Aldo Moro. Sul piano internazionale lo sgretolamento dell’Unione Sovietica e prima ancora l’indipendenza e la democrazia in alcuni Paesi dell’Est.
Svolta necessaria
Sono arrivato all’ultimo congresso del Pci che si aprì a Rimini il 31 gennaio 1991 con la convinzione che una svolta era necessaria, indispensabile e vitale per proseguire il cammino di una moderna forza politica della sinistra europea. Non avevo dubbi. Forse, lo dico con il senno del poi, andava fatta anche prima. La terza via, la via italiana al socialismo, non trovava alleati in Europa e soprattutto il Pci non faceva parte della grande famiglia del socialismo europeo. In questo ritardo ha influito anche il difficile rapporto con il Partito socialista italiano che non ha agevolato la svolta del Pci. Ancora oggi rimane una rottura, in alcune aree culturali che fanno riferimento al socialismo craxiano, che mi pare lontana dal ricomporsi nonostante i passaggi politici fatti negli anni.
Cossutta e Occhetto
In quei giorni tutti eravamo impegnati nell’organizzazione del congresso. Accogliere e agevolare il lavoro dei delegati, delle delegazioni degli altri partiti ed estere, dei giornalisti accreditati. Un congresso seguito ben oltre i confini nazionali ed europei. Un congresso di svolta politica e generazionale. Il segretario Occhetto era affiancato da un gruppo dirigente di quarantenni con Veltroni e D’Alema in prima fila. Fu il congresso dello strappo di Cossutta. Purtroppo il congresso di Rimini viene ricordato anche per un incidente politico. Il 4 febbraio Achille Occhetto non viene eletto segretario della nuova formazione politica – Pds –. Su 547 componenti del Consiglio Nazionale 132 risultavano assenti. Erano andati via da Rimini non sapendo che si doveva votare il segretario. Per 10 voti mancò il quorum. Fu poi eletto l’8 febbraio a Roma. Quella mancata elezione macchiò l’organizzazione del congresso che era stata impeccabile. La responsabilità non era di Rimini ma la macchia rimase ugualmente.
*già vicesindaco di Rimini e assessore regionale al Turismo

Newsletter

Iscriviti e ricevi le notizie del giorno prima di chiunque altro Clicca qui