Medico morto, parla il figlio: Non ho avvelenato mio padre

Ravenna

L’ultimo viaggio del dottor Danilo Molducci si lascia dietro un corteo funebre di poche persone e tanti cattivi pensieri. Camminano assieme, a passo lento, verso il cimitero di Campiano. Davanti a tutti il figlio Stefano; la persona da lui più amata in vita, oggi è ridotta a “indagato” sotto gli occhi di un paese. Cammina curvo, ma a testa alta. Sotto il peso di un lutto e di accuse infamanti: omicidio volontario. «Come è morto mio padre? Non lo so, non posso saperlo. Ma di certo non l’ho avvelenato io». Parla con compostezza Stefano. Affranto, sconvolto, ma all’apparenza capace di tenere a bada le sue emozioni con una gentilezza quasi signorile, che stride con i contorni di una storiaccia da noir di provincia che da giorni fa parlare un paese e non solo. Il motivo di tanta compostezza lo tiene per mano scortando il feretro del padre morto: sono i suoi figli, un maschio e una femmina «La grande – dice – è abbastanza grande per capire. Vi prego almeno evitate di venire sotto casa». La bara del padre è appena stata chiusa. Stefano esce per un momento dalla sala della camera mortuaria. Gira l’angolo. Si siede da solo, lontano da tutti, per pudore e per non essere visto. Piange. Sembra sincero. Poco dopo risponde con calma alle domande, perché quello che colpisce del 39enne di Castrocaro non sono solo i modi, ma anche la voglia – quasi straripante – di voler far chiarezza su una vicenda che gli ha stravolto la vita comunque vada a finire. «Chissà forse dovrò cambiare vita – ammette – finire gli studi di medicina, cambiare lavoro, vedremo. Su questa vicenda vorrei dire tante cose, ma ho anche paura che in questo momento vengano fuori nella maniera sbagliata e che siano fraintese. Tra me e mio padre i rapporti erano stati buoni fino a quando ho avuto quella perdita di capitale dovuta al calo della borsa nei mesi della pandemia. Una cosa già successa, normale in finanza, tanto che ultimamente stavo già recuperando la somma poco a poco. Questa volta però era diverso; si era come fissato che non fossi sincero con lui. Gli portavo anche i documenti, glieli mostravo, ma lui pensava fossero falsi. Non sapevo che altro fare con lui».

Per questo suo padre si era rivolto a un investigatore privato?

«Credo di sì, ma anche io sono rimasto sorpreso quando l’ho scoperto».

Quindi lei non sapeva dell’investigatore?

«No, non immaginavo nulla e non ho ancora capito chi ci sia dietro di lui. Mi ero anche offerto di saldare la sua posizione».

Gli investimenti in borsa sono il suo lavoro? Lei vive di questo?

«Sì, sono ormai undici anni che faccio questo lavoro. L’ho sempre fatto, penso anche bene, pure con il suo consenso e credo di averlo fatto anche nel suo interesse, per tutelare anche il suo capitale».

Tutelare il capitale di suo padre?

«Sì, ma sul punto ci sono cose che verranno fuori e che ora non ritengo opportuno dire».

Pensa che qualche patologia di suo padre abbia influito ultimamente sul suo comportamento? Magari anche sulla percezione del rapporto tra voi?

«No assolutamente, mio padre mentalmente era lucidissimo. E anzi, il giorno prima del suo malore aveva anche passato una visita medica ed era andata bene».

Come crede che sia morto?

«Di sicuro – aggiunge con un sorriso amaro allargando le braccia – non l’ho avvelenato io. Credo che le cause siano da ricercare in un malore. Ma questo non possiamo saperlo, dicono che avesse il cuore “pesante”, è emerso dopo l’autopsia, ma non sono emerse tracce di trombi o altri. Vorrei però che si sapesse una cosa: sono stato io a chiedere l’autopsia, anche perché il paese è piccolo e volevo evitare ogni tipo di voci, anche se mi rendo conto che non basterà».

Che rapporto aveva suo padre con la badante?

«La badante, sia quella attuale che quelle precedenti, erano tutte brave persone».

E lei come lo ricorda?

«Tolto quest’ultimo momento in cui i nostri rapporti erano cambiati, posso dire che mi aveva voluto sempre bene, mi aveva amato, cresciuto, e non mi aveva fatto mancare nulla. E io gli portavo sempre le mie figlie per farle stare con lui». Un “buco” di circa 1,8 milioni di euro. Sarebbe stato questo l’ammanco nelle finanze del dottor Danilo Molducci. Lo aveva scoperto, cercando poi di ricostruirne i motivi, l’investigatore privato di Trento che il medico di Campiano aveva assoldato per fare luce sui sospetti riguardo le movimentazioni nel proprio patrimonio. I dettagli di quella ricerca, il 67enne non li ha potuti conoscere. E’ morto venerdì scorso, il giorno successivo al primo tentativo del detective di mettersi in contatto con lui, telefonando a casa. Un decesso inizialmente classificato come morte naturale, poi confluito in un’indagine con l’ipotesi di omicidio volontario. Nemmeno i primi riscontri dell’autopsia disposta dal sostituto procuratore Angela Scorza sono serviti a risolvere il giallo; non sono infatti stata trovate evidenze chiare riconducibili alle più frequenti cause di morte naturale. Motivo per cui verranno eseguite ulteriori analisi di laboratorio ed esami anche di tipo tossicologico. L’indagine pertanto prosegue e vede tuttora indagati sia il figlio del defunto, il 39enne di Castrocaro Stefano Molducci, che la badante 51enne di origini romene, che assisteva l’uomo nell’abitazione di via Violaro 6. Gli agenti della Squadra Mobile in questi giorni hanno sentito persone vicine al dottore per fare luce su un quadro inizialmente classificato come morte naturale, ma divenuto un giallo. Il dottore era debilitato da diverse patologie e in particolare dalle conseguenze di un grave incidente stradale avvenuto tempo addietro; nell’ultimo periodo le difficoltà motorie erano diventate tali da costringerlo in sedia a rotelle. Per questo motivo si auto-prescriveva svariati farmaci, affidando spesso alla badante il compito di ritirarli in farmacia.

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