Medici ospedalieri contro l'Emilia-Romagna: "Scollamento fra politica e realtà"

Cesena

Le parole dette dal direttore generale dell’Ausl Romagna, Tiziano Carradori, sulla capacità di reazione e sulla ripartenza in quarta del servizio sanitario in questa fase in cui il Covid, pur non ancora sconfitto, appare fiaccato, inorgogliscono e incoraggiano i medici ospedalieri. Ma c’è il rovescio della medaglia: Anaao, la principale organizzazione che li rappresenta, esprime un giudizio molto negativo sull’operato dell’assessorato regionale alla Sanità.

Il rapporto coi medici di base

Soprattutto gli rimprovera di non mettere mano al punto critico che la pandemia ha messo a nudo: la necessità di organizzare radicalmente l’assistenza sanitaria territoriale. Anzi, comunicazioni trasmesse di recente sembrano aumentare ulteriormente lo scollamento tra i medici di base e i professionisti ospedalieri. A fare un’analisi pungente è Gilberto Vergoni, neurochirurgo al Bufalini di Cesena e timoniere di Anaao per la Romagna. «I numeri che il direttore Carradori ha fornito nell’intervista rilasciata sono molto interessanti e ci fanno onore. In Romagna le problematiche, pur nella passionalità che ci contraddistingue, vengono affrontate in maniera non pregiudiziale o ideologica. Il “corpo sanitario”, evitando il panico soprattutto nei primi momenti di due anni fa, ha rifuggito i facili schemi della contrapposizione da qualcuno evocati e, rimboccandosi le maniche, ha continuato a prestare il proprio servizio in silenzio e con umiltà, consapevole che ha un ruolo imprescindibile per la salute e la vita pubblica. Il direttore ci fa onore quando comunica che è stato recuperato il 98% di 377.000 prestazioni e sostanzialmente si sono rispettate le tempistiche per quegli interventi chirurgici più tempo-dipendenti. Ci piace appartenere a un’Ausl che trova nella riorganizzazione dipartimentale uno strumento dinamico che possa portare avanti un sistema sanitario al passo coi tempi». La parte dolce della riflessione finisce però qui. «Purtroppo - afferma Vergoni - l’assessorato regionale mostra continuamente il completo scollamento tra politica e realtà operativa. È come se chi di loro elabora le strategie non avesse la minima idea di quanto avviene in corsia». Un esempio concreto? «Come primo atto pubblico del nuovo direttore pro-tempore dell’assessorato alla fine stato emergenziale non troviamo una sintesi come quella elaborata in Romagna, ma una sorta di “grida manzoniana” inviata a tutte le Ausl, che avrebbe come obiettivo la “presa in carico del paziente da parte degli specialisti ospedalieri”. Ancora una volta non riescono a non contrapporre le figure del medico ospedaliero e del medico di medicina generale, portando a ulteriore spaccatura tra i due. Invece alla politica spetterebbe risolvere la contraddizione che sta vivendo il Servizio Sanitario Nazionale. Proprio dall’esperienza pandemica avrebbe dovuto capire che qualcosa di profondo deve cambiare ponendo il cittadino al centro della cura. Per farlo, servono figure professionali che abbiano lo stesso scopo e lo stesso mandato, dalla corsia dell’ospedale fino alla casa del paziente». Invece - è la critica del coordinatore di Anaao Romagna - «si concepisce una cura basata su una medicina d’organo, quella dei vari specialisti, senza farla relazionare con chi dovrebbe avere il mandato di curare le persone. Davvero vogliamo una medicina che curi i singoli organi o apparati e perda di vista la cura delle malattie? Abbiamo già dimenticato che nelle regioni in cui c’era la massima attenzione alla specialistica dimenticando il territorio, nella pandemia abbiamo avuto i più grossi problemi?».

Le disposizioni del direttore

Lo sfogo è anche il frutto di disposizioni ricevute dal direttore della Regione, Luca Baldino, che alzerebbero ancora di più il muro esistente tra i medici di base e quelli ospedalieri: «Quando io e i miei colleghi abbiamo letto che “in nessun caso il referto dello specialista deve contenere suggerimenti al medico di medicina generale di ulteriori controlli” siamo trasaliti. O non abbiamo capito bene o sarà scritto male!». Amarissima la riflessione finale, riferita alla carenza di personale: «Non abbiamo sufficienti medici e Carradori riporta che solo in Romagna ne mancherebbero 150, e credo che questa cifra non tenga neppure conto dei prossimi pensionamenti. Ma se dall’assessorato regionale arrivano certe disposizioni, da una parte si spingono tanti medici a pensare di andarsene e dall’altra, dopo ben 12 anni di duri studi, si scoraggiano i giovani medici a innamorarsi del Ssn pubblico, come accadde a me e moltissimi altri in altri tempi».

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