Maxi sequestro da 4 milioni: nel mirino l'ex vicesindaco di Ravenna Giuseppe Musca

Cervia

Due negozi, un garage e tre appartamenti affacciati su una delle più frequentate vie dello shopping di Milano Marittima, oltre a un magazzino e un ulteriore immobile a Ravenna. Fanno parte di un patrimonio del valore di oltre 4 milioni di euro, sequestrato dalla Guardia di Finanza dell’ambito di una delle inchieste che ruotano intorno alla figura di Giuseppe Musca, 71enne imprenditore nonché ex vicesindaco di Ravenna negli anni ‘80, indagato in questo caso per bancarotta fraudolenta e falso in bilancio assieme alla moglie 53enne Susi Ghiselli e a Valerio Brighi, 66enne di Mercato Saraceno. Si tratta di un sequestro preventivo chiesto dai pm Lucrezia Ciriello e Monica Gargiulo, e disposto dal giudice per le indagini preliminari Andrea Galanti per “congelare” otto unità immobiliari secondo l’accusa distratte dai beni in capo alla Panorama srl, società inserita nel campo della vendita al dettaglio di abbigliamento e accessori griffati, dichiarata fallita nel 2019 su istanza della Procura con un debito di 2,5 milioni di euro. Prima nelle vesti di consulenti aziendali, poi in quelle di partner imprenditoriali, Musca e consorte avrebbero suggerito le mosse per sottrarre i beni ai creditori della società portata al tracollo, ritardandone tra l’altro il declino gonfiando il bilancio.

Le origini dell’indagine

L’inchiesta parte nel 2015. Una normale ispezione tributaria condotta dai finanzieri del Gruppo di Ravenna - ora guidati dal tenente colonnello Antonio Rigido - fa emergere una serie di evasioni in materia di imposte dirette e Iva, quando già la Panorama, ormai inattiva, è in stato di liquidazione volontaria. Ma più che queste irregolarità amministrative, è una scissione della società a insospettire gli investigatori: nascono in quello stesso anno la Nick&Sons e la B&B Consulting srl, in un’operazione considerata anomala; già, perché alle due nuove realtà imprenditoriali confluisce un patrimonio rispettivamente di 3,2 milioni e 800mila euro, comprensivo degli immobili della società in crisi e ormai affidata a un curatore fallimentare. È quest’ultimo a notare a sua volta che la scissione, avvenuta quando sulla società gravavano anche debiti tributari e contributivi da tempo insoluti, sembra essere stata architettata per sottrarre i beni alle legittime rivendicazioni dei creditori.

Bilancio gonfiato

Ma c’è dell’altro, secondo gli inquirenti. Nel ruolo di consulenti, Musca e Ghiselli avrebbero contribuito a falsificare il bilancio chiuso nel gennaio del 2015 sopravvalutando alcune poste attive per rassicurare banche e fornitori: tra queste, 389.920 euro di avviamento dell’azienda e 322.761 euro di sito web commerciale. Operazioni confluite in un secondo capo d’accusa: quello di bancarotta impropria derivata dal bilancio “gonfiato”. Sono state le dichiarazioni dei soci, unite agli scambi di mail e comunicazioni tra gli indagati a fare emergere la centralità dei due consulenti, oltre un ulteriore aspetto ritenuto cruciale: il fatto che appena tre mesi dopo la scissione siano entrati in società attraverso la Italventure, realtà italo-svizzera a loro riconducibile. Così si arriva al sequestro di giovedì. I cespiti immobiliari sottratti, situati per la maggior parte in via Matteotti a Milano Marittima e in via Rampina a Ravenna, avevano un valore stimato all’epoca di 3.886.603 euro. Ora supera i 4milioni.

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