Max Monti: "Ecco il nuovo Sindacato lavoratori spettacolo"

RIMINI. «Anche i dj hanno bisogno dei loro… dj, ossia di qualcuno che faccia “girare” le loro proposte e richieste sul piano professionale e sindacale». È Max Monti che parla: noto dj riminese e docente della scuola Music Academy, insieme al collega ravennate RobertEno è il rappresentante regionale dell’Emilia-Romagna, per il settore dj, nel nuovo sindacato dello spettacolo, appena nato e denominato Sils, appunto Sindacato italiano lavoratori spettacolo.
Si rivolge a tutti gli operatori di quello che veniva chiamato “il mondo della notte”, dai dj ai vocalist, i pierre, gli animatori, i performer, i ballerini, gli organizzatori e i presentatori. Tutti professionisti finora senza una vera rappresentanza, che vogliono far valere i loro diritti passando anche per l’accettazione dei doveri correlati. A partire da quello fiscale. Il Sils chiede l’istituzione di un albo della categoria e di un ordine professionale, oltre alla revisione del sistema previdenziale e al riconoscimento dello status di “professione usurante”.
Monti, ci sono già tanti sindacati e associazioni dello spettacolo. Per ché crearne un altro?
«Ci sono alcune associazioni operative, altre non hanno raggiunto obiettivi. La nostra proposta viene dal settore dei club: c’è bisogno di un sindacato unitario per avere più forza, e tutelare le esigenze dei vari territori. Sono decenni che se ne parla ma non si è fatto nulla».
Questo Governo sta facendo abbastanza per il settore? Voi cosa chiedete?
«Il riconoscimento della professione è fondamentale anche per l’accesso agli ammortizzatori sociali, invece ora è tutto un po’ lasciato al caso. La categoria è allo sbando, senza punti di riferimento, a fronte di provvedimenti improvvisati. Abbiamo visto decreti che parlavano di sostegno a chi aveva fatto 30 prestazioni nell’anno precedente, ma poiché quasi nessuno le aveva fatte, poi sono diventate 7… Bisogna mettere ordine in tutta la materia. Ce ne sono cose da fare! Tra di noi ci conosciamo un po’ tutti e e sappiamo cosa ci serve».
Tempo fa c’è stata una grossa polemica sulla Siae con molti artisti importanti che non si sono più sentiti rappresentati e hanno cambiato. Lei come la pensa?
«In Siae io credo, sono iscritto da 30 anni, soprattutto per questa nova fase in cui la Società è entrata digitalizzandosi e avvicinandosi ai propri iscritti. Per me fa gli interessi degli artisti ed è ben radicata sul territorio».
La Rimini Music Academy, la scuola in cui lei insegna, come ha affrontato l’emergenza e come e quando pensa di uscirne?
«All’inizio abbiamo aspettato. Ora stiamo ripartendo perché i protocolli per i corsi sono usciti, stiamo lavorando sul piano sanitario, e l’8 giugno riapriamo. Noi non abbiamo continuato online, perché la nostra scuola si basa molto sul contatto fisico. Per la fase estiva stiamo facendo valutazioni, i feedback sono buoni, abbiamo molte conferme dai ragazzi. La nostra non è una scuola professionale, c’è voglia di suonare ed è più forte del problema sanitario. Ci organizzeremo per proteggerli».
Cosa pensa di quello che hanno fatto molti artisti durante la quarantena, mettendo in rete concerti, performance dal vivo e quant’altro?
«Io sono stato un po’ polemico su Facebook, non per criticare, ho solo detto che c’era un eccesso di questo genere di cose, il nostro lavoro buttato al vento, regalato, svenduto… Ci sono state belle cose ben curate e tante altre pessime, anche di cattivo gusto. In generale l’eccesso non mi è piaciuto».
Il Coronavirus potrebbe aver ammazzato definitivamente le discoteche e i locali dove si fa musica dal vivo o no?
«No, sicuramente l’entusiasmo e la voglia di tornare è forte: un ritorno ci sarà, i locali sono luoghi di aggregazione, ma se l’aggregazione è pericolosa… È chiaro che questa operatività sarà l’ultima a essere presa in considerazione. I protocolli sono molto diversi dalla discoteca vera e propria. Proprio per questo ci siamo riuniti, perché c’è una sottovalutazione, si pensa che sia un hobby e non un lavoro, invece è un settore che fa grandi numeri grazie a un sottobosco lavorativo gigante anche se non bene identificato. Il momento è quello giusto per cambiare le cose, non bisogna perderlo per non tornare come prima».
Come sindacato la vostra controparte sono anche i gestori dei locali.
«Con loro c’è stato subito un buon rapporto, siamo concordi che occorre più legalità, anche per far emergere questo settore, semi sconosciuto al fisco. Noi faremo la nostra parte, ascolteremo i nostri colleghi e siederemo ai tavoli che contano a cominciare da quelli regionali. Bisogna tutelare tutta questa gente che lavora con passione e amore per la musica!».

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