Maurizio Ridolfi e la Presidenza della Repubblica

A diradare forse un po’ le nebbie del toto-presidente, viene pubblicato nei prossimi giorni, e sarà in libreria all’inizio di febbraio, La Repubblica del Presidente, frutto del lavoro di diversi storici e curato per i tipi delle edizioni Viella da Giovanni Orsina e Maurizio Ridolfi.
Ridolfi, cesenate, oggi docente di Storia contemporanea all’Università della Tuscia e all’Università di Roma Tre, dopo il dottorato di ricerca a Torino, dal 1988 al 1995 fu direttore dell’Istituto storico della Resistenza di Forlì.
«Questa elezione – chiarisce Ridolfi – è al centro dell’attenzione di giornali, social, siti… Il sistema intrecciato dei media e il rimbalzo che genera forse aiuta infatti anche chi normalmente non se ne interesserebbe a buttare un occhio sulla notizia».
Tanto chiacchiericcio su cui emergono le oltre 400 pagine del vostro libro.
«La nostra è la prospettiva dello storico, che mira a far emergere la differenza fra i primi decenni dell’Italia repubblicana e l’oggi attraverso l’idea che del ruolo e dell’azione del presidente hanno i cittadini, anche rispetto all’impatto del momento dell’elezione: solenne e rituale, ma a volte anche giocoso. Abbiamo esaminato inoltre le modalità dell’elezione, le sue dinamiche e il ruolo del presidente in Germania, dove, come in Italia è garante e arbitro, e in Francia, Usa e Cile, paesi in cui la sua figura ha invece un ruolo governante. Incrociando le storie e tramite il confronto inquadriamo così le peculiarità del presidente in Italia».
E fate il punto anche sulle pretese presidenzialiste di chi, probabilmente, la nostra Costituzione non la conosce molto bene…
«È così: il Presidente in Italia è custode dell’unità nazionale dal punto di vista culturale, civile… rappresenta cioè un punto di coagulo nelle tante diversità della nostra storia. Negli ultimi trent’anni, però, la crisi della Repubblica dei partiti politici che, fra l’altro, molto diversamente da ora controllavano rigidamente l’elezione, ha fatto sì che il ruolo del presidente apparisse diverso. Gli stessi presidenti, da Pertini in poi, lo hanno interpretato in modo più attivo rispetto al passato, il che ha generato la percezione di un potere presidenziale spropositato. In realtà finora nessuno si è discostato dagli ambiti prescritti dalla Costituzione: certo, ognuno con il proprio carattere e il proprio stile, ma senza deroghe. Ricordo del resto la definizione di Giuliano Amato di un potere a fisarmonica, che si amplia e si restringe a seconda della necessità: e in questi ultimi anni, la fisarmonica si è dovuta allargare».
Sempre però all’interno delle regole.
«Sì, per ora non mi pare che in Italia ci sia il rischio… o l’auspicio da parte di qualcuno, di una Repubblica presidenziale o semipresidenziale. Certo, nel momento in cui i partiti non riescono a trovare un’ipotesi di governo, è il presidente che prende in mano la partita: come è successo a Mattarella con Draghi, o a Napolitano con Monti. Il libro allora vuole proprio cercare di capire il ruolo postbellico del presidente, la sua enfatizzazione a partire dagli anni Ottanta e anche i motivi del gradimento di questa figura che è un riflesso del suo ruolo di moderatore e di educatore».
E infatti il sottotitolo del libro è appunto “Istituzioni, pedagogia civile e cittadini nelle trasformazioni delle democrazie”.
«Come dice l’articolo 87 della Costituzione, il presidente in Italia è una sorta di “pontefice” della Nazione, un predicatore laico il cui ruolo è quello di guidare i cittadini ad acquisire una consapevolezza diffusa di cosa siano lo Stato e l’attenzione al bene pubblico. Mattarella questo ruolo l’ha svolto in maniera evidente, ma lo hanno fatto anche altri cercando elementi comuni che unissero un paese in continua fibrillazione. Muovendo da Luigi Einaudi, anzi, i presidenti più popolari sono stati letti e interpretati proprio come fattori di senso pubblico delle cose, capaci di abituare la popolazione a considerare il bene “pubblico” come bene “di tutti”: noi abbiamo cercato di farlo emergere attraverso dati di archivio e fonti documentali, e abbiamo finito per renderci conto che questo è un dato comune anche a Francia, Germania, agli stessi Stati Uniti. Tutti prevedono infatti una figura al vertice, con poteri più o meno ampi, destinata ad aiutarci a vivere la nostra cittadinanza in modo consapevole e attivo».
Quali sono quindi i presidenti italiani che hanno meglio incarnato il ruolo?
«Pertini, Ciampi, Mattarella su tutti hanno mostrato la necessità di passare oltre gli interessi particolari. Mattarella poi si è rispecchiato dichiaratamente nell’Einaudi delle “Prediche morali”, in cui ha ritrovato il senso di una educazione degli Italiani a sentirsi cittadini di una stessa Repubblica».
E il futuro?
«L’auspicio di questo libro è che si mantenga la linea: tutti i nostri presidenti infatti hanno contribuito a diffondere l’idea di una Repubblica che ci appartiene, di cui bisogna avere rispetto in quanto garanzia di coesione e unità. Nonostante alcuni nomi ventilati, la figura del nuovo presidente dovrà essere in sintonia con questa idea, e rappresentare una figura coesiva, unificante, che non alimenti né aggravi le tante differenze del nostro Paese».

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