Maturità a Imola, i presidi: “Cambiamenti inopportuni”

Da qualche anno a questa parte l’esame di maturità sembra non riuscire a rimanere indenne da decretazioni d’urgenza che, a pochi giorni dalla prova, finalmente illustrano le modalità di svolgimento pure con grosse deviazioni di percorso. Non senza suscitare inevitabili delusioni in chi la scuola la vive, in particolare gli studenti e le studentesse. Sono soprattutto loro, per la delicatezza della situazione pandemica prima e per l’inaspettato disastro climatico poi, a dover adeguare alle scelte ministeriali anche le proprie aspettative su quella che, da tutti, è considerata la valutazione più importante del percorso scolastico. Non a caso il senso della maturità trascende i confini della dimensione scolastica per imporsi quale momento di significato nella propria formazione.

Anche quest’anno è andata così. Molte classi delle scuole superiori imolesi vedranno una situazione ibrida: alcuni studenti da domani inizieranno gli scritti con il tema, tornando al “vecchio” esame pre-Covid composto inoltre dalla seconda prova e dall’orale. Altri sosterranno un po’ più in là un colloquio orale interdisciplinare più approfondito che riassumerà in un unico momento anche gli scritti, partendo dalla materia che sarebbe stata in seconda prova. È stata questa la scelta del Ministero dell’Istruzione. Le date saranno decise dalla commissione d’esame, tendenzialmente non prima di lunedì prossimo e, se possibile, insieme agli orali dei compagni.

Scarabelli tutto orale

L’ordinanza che indica il criterio per la modalità di esame, cioè la residenza dello studente nel caso in cui la scuola non si trovi in una zona colpita – quale è la situazione degli istituti nel centro di Imola – è stata la numero 106 dell’8 giugno. Cioè, «a scuola già finita», considera il dirigente dello Scarabelli-Ghini Gian Maria Ghetti che, tra gli altri presidi, è quello con la situazione più peculiare. «Lo Scarabelli – riprende – sebbene non abbia subito alcun danno si trova nella circoscrizione Tremonti, perciò ricade interamente nella modalità “in deroga”. Cinque quinte, un po’ più di un centinaio di studenti, faranno tutte l’esame orale. Al Ghini, invece, la situazione è mista, l’esame varia da studente a studente. Su tre quinte circa una decina di candidati rientrano in questa ipotesi».

Confusione

Nella maggior parte dei casi, infatti, studente per studente si è valutata la modalità di esame: se il candidato risiede nelle zone indicate dall’allegato del decreto-legge 61/2023, e cioè quelle colpite, allora svolgerà l’esame solo oralmente senza poter scegliere. «Non sempre è stato facile farlo capire», prosegue Ghetti. Molto critica la preside del Paolini-Cassiano Stefania Galeotti: «È un delirio che ha creato confusione tra gli studenti e le famiglie, le quali talvolta si sono pure rivolte al proprio Comune per capire in quale caso rientrassero i figli. Così hanno fatto le segreterie, che oltre alle incombenze ordinarie hanno dovuto confrontarsi con le Amministrazioni per verificare lo stradario», e stilare così la lista dei candidati alla modalità orale. Nel suo istituto 37 candidati su 120.

Un esame uguale

«C’è molto malumore – prosegue Galeotti –. È stata una cosa calata dall’alto e intempestiva. I ragazzi si preparano da un anno e temono che questa prova non li valorizzi appieno». Per questo il preside del Polo Alberghetti, Marco Macciantelli, non smette di sottolineare che «sarà un esame equivalente, non di rango minore. Dobbiamo fare il possibile per restituire ai ragazzi il senso di questa prova».

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