Matteo Incerti e gli indiani americani che combatterono per noi

Cultura

Chi per denaro, chi per un sogno di giustizia e libertà che sognavano per i loro popoli. Il 10 luglio del 1943 a decine sbarcarono in Sicilia nelle file degli Alleati. Eroi dimenticati da tutti, caddero sui campi di battaglia d'Italia. fino allo sfondamento della Linea Gotica orientale nelle Marche e in Romagna. Il ritorno dal fronte significò per i sopravvissuti l’inizio di una nuova lotta per conquistare diritti negati, difendere le loro terre dalla devastazione ambientale e tramandare ai posteri una millenaria cultura di pace. La loro storia viene raccontata per la prima volta nel volume “I pellerossa che liberarono l’Italia”, opera del giornalista reggiano Matteo Incerti, che sarà presentato il 16 ottobre alle 21 (ingresso libero) al Centro Fellini in occasione del 76° anniversario della Liberazione e in memoria di Huron Eldon Brant, eroe della Liberazione di Gambettola. La presentazione, indetta da Anpi Rubicone, in collaborazione con l’assessorato alla cultura, sarà introdotta e coordinata da Luca Bussandri, presidente Anpi Rubicone. Dialogherà con l’autore Miro Gori, presidente Anpi Forlì-Cesena. L’opera, pubblicata da Corsiero editore, è stata selezionato dalla giuria tra le opere finaliste nella sezione saggistica del Premio nazionale di Storia Associazione Monte Carmignano per l'Europa accanto a nomi di autori come Giordano Bruno Guerri, Emilio Gentile, Marcello Flores, Pino Scaccia. Incerti, da dove è nato l’interesse per questa storia? «Sin da bambino sono appassionato di quelli che noi comunemente chiamavamo “indiani” o “pellerossa”, ma senza alcun tono discriminatorio. Due anni fa mi trovavo in vacanza in Arizona nella Navajo Nation e nel museo della Monument Valley mi imbattei in un veterano “code talker” al quale chiesi se avessero combattuto anche in Italia. Lui mi indicò di cercare in Canada e da lì inizia questa storia che va dallo sbarco in Sicilia il 10 luglio 1943 ai giorni nostri. Di grande aiuto per questo libro, che sarà presentato anche il 4 dicembre a Russi, sono stati l’associazione “Wartime friends” di Bagnacavallo con la professoressa Mariangela Rondinelli e il riminese appassionato di storia, Gianluca Alessandrini». Quali episodi contraddistinsero la loro presenza in Romagna? «Decine di nativi morirono in Italia, almeno diciassette sono sepolti tra i cimiteri di guerra di Coriano, Cesena, Ravenna, Villanova di Bagnacavallo. Molti di loro conquistarono medaglie al valore per gesti eroici in battaglia. Sono le storie del mohawk Huron Brant, del cree Joseph Flavien St. Germain che, al termine della battaglia di Ortona, quando il suo maggiore si congratulò con lui, disse che preferiva morire in battaglia prima della fine della guerra, perché sapeva che al ritorno sarebbe tornato un “cittadino di serie B”. Il destinò lo chiamò. Morì per tremende ferite prima di arrivare all’ospedale di Russi il 14 dicembre 1944 e oggi è sepolto a Ravenna. Sono le storie del cree David Greyes, un grande sportivo e primo nativo a vestire la maglia della nazionale canadese di calcio ed eroe della liberazione di Rimini, di Henry Beadury, catturato nei pressi di Bagnacavallo e che riuscì a fuggire dal lager dove venne recluso in Germania o quella tragica di Isadore Pedoniquott che morì a San Vito di Rimini lo stesso giorno della sua bimba malata. È sepolto anche lui a Cesena. Queste storie ci ricordano che ci fu chi ci donò la vita e la libertà, da volontario, per la nostra libertà , una libertà che allora per loro era ancora lontana da venire». E ad uno di essi ha dedicato la copertina del libro. «Sì, si tratta del mohawk Huron Eldon Brant. Venne decorato con la Military Medal dal generale Montgomery nel settembre 1943 per l’atto di eroismo compiuto a Grammichele di Catana il 14 luglio 1943 quando da solo aggirò una postazione nemica ed eliminò e fece prigionieri ben trenta soldati tedeschi. Ma la sua è una vicenda tragica. Lasciato dalla moglie mentre era al fronte, due suoi cugini morirono in Italia, lui venne colpito da quello che oggi chiamiamo “stress post traumatico”. Poi tornò in battaglia e morì il 14 ottobre 1944 in un fossato alle porte di Bulgaria. È uno degli eroi della liberazione di quella frazione e di Gambettola. È sepolto al cimitero militare di Sant’Egidio a Cesena».

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