Massimo Nicolini: a Rimini si respira tradizione

È “romano” da qualche anno per esigenze di lavoro (ha da poco finito di girare il film “Non mi uccidere” di Andrea De Sica, mentre fra pochi giorni verrà programmata su RayPlay la serie “Nudes” diretta da Laura Lucchetti). Massimo Nicolini, attore di cinema, di televisione e di teatro, dalle grande interpretazioni, fra l’altro, nelle rappresentazioni messe in scena annualmente a Siracusa, porta nel cuore come un tesoro la sua Rimini. Non lo ha stupito più di tanto quindi la notizia della candidatura della città a “Capitale della cultura” per il 2024. «A Rimini mi lega un percorso sotto traccia, anche se da qualche anno non vi risiedo più – riflette l’attore quarantenne –. Riesco a vedere con chiarezza i suoi cambiamenti, cambiamenti in meglio, anche dal punto di vista urbano, il che ha permesso di “riappropriarsi” di luoghi come il centro, Castel Sismondo, il lungomare… Possiamo parlare davvero, a questo punto, di una “capitale”: e non solo del divertimento o dell’accoglienza turistica, anche se questi aspetti sono comunque importanti, e costituiscono un’eredità “leggera” ma irrinunciabile. Ma al di là di questa sua identità nota in tutto il mondo, noi riminesi sappiamo, e forse in un momento storico come questo ci è ancora più evidente, che la nostra è davvero una “città di cultura”. Lo è per le sue bellezze, per i suoi monumenti, ma a mio parere lo è soprattutto perché riconosciamo il fatto che le appartiene una autenticità forte. Parlo di uno “state of mind”, di un modo di essere, di un’anima fortissima che anche chi viene da fuori penso percepisca».

Ma questo non si può dire anche per tante altre città?

«Non so: di Roma, per esempio, vedo le molte anime, tutte però per così dire, diluite e sempre meno riconoscibili. A Rimini invece si respira tradizione, si percepisce un’autenticità che noi riminesi cogliamo bene e in cui ci riconosciamo. La sfida semmai è rendere tutto ciò universale, riuscendo a trasmettere anche a chi riminese non è questa grandissima ricchezza e, su tutto, la nostra capacità di vivere bene. È la virtù di un piccolo centro, dove è possibile fare esperienza di tante cose senza che di esso venga meno l’identità».

Quindi, a pieno titolo si può parlare di “capitale della cultura”.

«Penso che per un riconoscimento del genere, i significati e i valori di cui la città candidata si fa portatrice debbano essere molti e complementari fra loro. A prescindere dalla fruizione del bello, quel luogo insomma deve essere permeato da una “forza”. Proprio quella forza io, pure da lontano, percepisco in Rimini, e come me la avvertono amici o parenti riminesi con cui ci troviamo a discutere del senso della nostra identità».

Il difficile è riuscire a rappresentare un valore immateriale per tradurlo in punti!

«Però lo si può fare, anche grazie ai cambiamenti già in atto. Rimini così può iniziare a raccontarsi non solo come il luogo dove si va a ballare d’estate, ma come una costellazione di tante piccole realtà dove si recita, si fa musica, si proiettano film, si “fa” cultura, e ben oltre il contingente».

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