Marradi, un migliaio in corteo per difendere la "Fabbrica dei marroni"

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Un segnale forte è arrivato ieri mattina dalla massiccia manifestazione a difesa ortofrutticola del Mugello, in odore di delocalizzazione. Centinaia, forse un migliaio di persone si sono spalmate lungo i cinque chilometri che dividono il municipio dalla fabbrica, ai confini con il comune di Brisighella.
Ci sono le istituzioni di due regioni, almeno una trentina di sindaci, gonfaloni di città mugellane e romagnole; i sindacati di settore da Ravenna e Firenze, i trattori della Coldiretti, i castanicoltori, delegazioni di lavoratori di altre fabbriche, associazionismo, protezione civile e soprattutto cittadini solidali ad impedire una scelta definita “scellerata”. Lungo il percorso: bandiere, striscioni , canti, slogan in un contesto di civile protesta.

Il messaggio che si è voluto mandare trasborda nel sociale, nell’ambientale, nella sostenibilità, nella fragilità delle aree montane, soggette a spopolamento, e qui «la causa diventa modello, principio, esempio da dare affinché si ponga fine a mere logiche speculative ed economiche, basate sul maggiore profitto a scapito della vita e della dignità di una comunità e di un territorio». Questi i punti focali su cui si sono concentrati gli interventi di sindacalisti, lavoratori, politici una volta raggiunto il presidio.
«E’ un attacco ad un modello di sostenibilità costruito 35 anni fa e oggi messo in discussione da una scelta di profitto. Non cederemo di un millimetro» ha incalzato un sindacalista a cui ha fatto eco Marina, una lavoratrice : «Abbiamo imparato questo lavoro fino a raggiungere una qualità apprezzata nel mondo, ora vogliono portare i marron glacés a Bergamo, ma noi continueremo a farli qui, li sappiamo fare ed abbiamo sempre chiuso in attivo».

A tirare le somme il sindaco di Marradi, Tommaso Triberti: «Mai ci saremmo immaginati di essere qui oggi, ma abbiamo tirato fuori la caparbietà e la fierezza della gente di montagna e in tanti ci hanno abbracciato perchè hanno capito che siamo nel giusto». Le sue stoccate si fanno poi più pesanti: «Non ci stiamo intestardendo sui marron glacés, ma sul diritto di un territorio a costruire i propri percorsi di vita: non è possibile raccontare la fragilità della montagna, lo spopolamento e poi desertificarci».
Si rivolge quindi alla proprietà e le sue parole suonano come un anatema: «Questa manifestazione l’abbiamo fatta anche per voi, per farvi capire. Quando avete acquistato un anno fa vi abbiamo accolto calorosamente, perché siamo gente fatta così con chi vuole venire e investire, ci fidiamo, siamo riconoscenti. Non ci siete venuti a caso, ci conoscete perché le vostre radici sono qui, quindi ora non potete dimenticarvi della vostra storia. Lo sapete bene cosa può succedere a portare via il lavoro dalla montagna, si va contro la sostenibilità sociale e ambientale, si pugnalano un territorio, la sua identità, le vostre radici. Venite a vedere cosa state portando via».

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