Marradi, azienda a rischio: anche vescovo e cardinale contro la delocalizzazione

Faenza


ItalCanditi, che ha deciso di delocalizzare a Bergamo l’Ortofrutticola del Mugello, forse non si è resa pienamente conto di quanto polverone avrebbe sollevato. Il caso registra una mobilitazione di massa che ha pochi precedenti e un coinvolgimento di sostenitori dei lavoratori a livello nazionale, trasversale dal punto di vista politico, sindacale e popolare.

Al fianco dei dipendenti si è schierata anche la Chiesa. Infatti al presidio permanente insediato davanti alla fabbrica fin dal giorno di San Silvestro, i parroci della vallata del Lamone hanno celebrato domenica mattina una messa all’aperto, e in centinaia si sono ritrovati a tributare la loro solidarietà, pregando insieme, mentre il vescovo di Faenza-Modigliana, Mario Toso, in una sua omelia ha tuonato: «Se il lavoro è così importante per la persona, per le famiglie, per il territorio e per la stessa democrazia, c’è da augurarsi che le forze sociali e politiche al tavolo delle trattative (aperto ieri a Firenze) possano avere successo a favore dei lavoratori. Il lavoro è unzione di dignità, consente di accrescere la propria dignità e umanità, dev’essere un bene disponibile per tutti».
In Duomo a Firenze è intervenuto pure il cardinale Giuseppe Betori: «L’annuncio della chiusura ha gettato sconforto sul nostro Natale. Dietro questa storia si profila l’ombra dell’alta finanza, attenta al profitto e per nulla al lavoro e ai lavoratori».

Sul fronte sindacale una delegazione della Flai Cgil Ravenna si è unita ai colleghi toscani davanti allo stabilimento: «Questa decisione avrà ripercussioni negative per 9 dipendenti a tempo indeterminato e per la settantina di lavoratori stagionali (90% donne) – ha detto Laura Mazzesi, segretaria generale della Flai Cgil di Ravenna -. Di fronte a questa emergenza occupazionale, che vede coinvolti anche lavoratori provenienti dal Brisighellese, non possiamo rimanere in silenzio. Siamo uniti contro una decisione che rischia di portare pesanti ripercussioni dal punto di vista sociale».

Nel bailamme dei sostegni quello dei castanicoltori è determinato: «Se chiude la fabbrica, non vendiamo più i nostri prodotti all’azienda – hanno minacciato in un’affollata assemblea tenutasi domenica -. Il trasferimento colpisce tutto l’indotto economico, stimato intorno ai 2 milioni di euro. Abbiamo vinto la battaglia contro il cinipede (la vespa del castagno) e ci difenderemo anche da questo pericolo».

Il sindaco Tommaso Triberti, presente al presidio, ieri era al tavolo promosso dalla Regione Toscana, nel frattempo ha invitato la popolazione a fermarsi davanti ai cancelli dell’Ortofrutticola: «Fate sentire alle nostre operaie che non sono sole» ha riferito.
Tra le prese di posizione contrarie al trasferimento anche quella di Rifondazione Comunista.
L’intento è di evitare la chiusura, ma nel frattempo tra i marradesi emergono voci su cosa si potrebbe fare se non andasse a buon fine la trattativa.
Si parla di acquisizione degli stabilimenti e del marchio, intervento degli enti pubblici a supporto della creazione di una cooperativa di dipendenti (o l’impegno di altre già presenti sul territorio), di divieto al delocalizzatore di vendere la produzione in Italia, di ingresso nel mercato con un nuovo marchio doc e biosostenibile estendendo il richiamo alla cooperazione locale e di confine.

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