Mario Bertozzi, Cesena gli dedica una mostra

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Un anno fa la morte di Mario Bertozzi (Forlimpopoli 1927 – Forlì 1920), scultore di grandi capacità, ampiamente conosciuto anche come ottimo pittore, disegnatore e grafico. Talento precoce, Bertozzi viene indirizzato al Liceo Artistico di Bologna da Giuseppe Casalini, lo scultore faentino, forlivese d’adozione, il quale, nella sua lunga carriera artistica, dagli anni Venti si distingue producendo tante opere pubbliche e private, la più conosciuta delle quali è certamente la Fontana delle sirene di Cattolica del 1928. A Bologna, il giovane Bertozzi incontra due formidabili insegnanti, Cleto Tomba e Luciano Minguzzi, dai quali riceve una solida formazione indirizzata al disegno e in maniera determinante alla scultura. Tanto determinante che nel 1946, ancora studente, ottiene dal Comune di Forlimpopoli la commissione per l’esecuzione della statua della Libertà che realizza in cemento, proponendo l’immagine molto tradizionale di una procace fanciulla velata con le catene ai polsi spezzate e gli occhi rivolti al cielo collocata alla base della Torre dell’Acquedotto. Questa opera monumentale sarà seguita da altre in bronzo, Il vignaiolo a Bertinoro nel 1976, Ugo La Malfa a Forlimpopoli nel 1981, Il contadino a San Varano nel 1983, il busto di monsignor Gino Saragoni ad Alfero nel 1991, fino al gigantesco Pellegrino Artusi all’ingresso di Forlimpopoli nel 2008. Tutte statue realizzate secondo i dettami di un verismo espressivo, rigoroso e di buona qualità. Si differenzia da questa linea L’abbraccio del 1969, il bronzo per l’ospedale della sua città natale, nel quale l’artista cambia registro preferendo forme essenziali stilizzate per valorizzare il gesto, pur mantenendo ben salda l’ispirazione profondamente radicata nella realtà.

Durante la sua lunga carriera artistica Bertozzi si rivela profondo cultore della bellezza che esprime nei ritratti di fanciulle e nei sensuali corpi femminili ripresi nell’armonia della loro esibizione. Ma i modelli per i quali riceve i più ampi riconoscimenti e il successo di pubblico sono i Tori. Si tratta di soggetti dove esprime al meglio il temperamento e l’energia istintiva che gli sono proprie, che lo portano a interpretarli con quella personale cifra stilistica che lo distingue. Si tratta di tori di razza romagnola con grande sviluppo del treno anteriore, struttura solida, arti corti e robusti che ritrae alla “maniera classica” come quello nel bassorilievo di terracotta esposto nell’ex officina di Urbano e Amedo Fusconi a Cesena, pubblicato da Angelo Fusconi sul catalogo della raccolta “Officina dell’arte: itinerario cesenate tra Novecento e contemporaneo” edito da Stilgraf di Cesena nel 2021. Più spesso li ritroviamo forti e superbi in libertà o acrobati, oppure come piccoli animali da compagnia in mano a fanciulle. Un compiacimento fantasioso che culmina nell’invenzione del “gallotauro”, il surreale ibrido che concentra temperamento, vivacità e potenza, caratteristiche molto care ai romagnoli.

Tante le mostre nella sua vita, personali e collettive, in Italia e all’estero. Francesca Caldari cura nell’ottobre dello scorso anno, un mese prima della morte dell’artista, “Non solo scultura” nell’Oratorio di San Sebastiano a Forlì, presentando una bella serie di bronzi e di disegni altrettanto pregevoli nei quali Bertozzi dimostra la sua grande propensione per la grafica. Meritevolmente, la stessa curatrice lo ripropone alla Galleria Pescheria di Cesena ne “Il segno e la forma”, la mostra che apre i battenti il prossimo 13 novembre.

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