Margherita Zoebeli ricordata da Goffredo Fofi

Cultura

segue dalla prima

S i trattava, a Rimini, di un complesso di casa e scuole in legno costruite a guerra appena finita con i finanziamenti e i concreti aiuti materiali (legname e mano d’opera specializzata mandati dai sindacati della Confederazione) per contribuire alla ricostruzione di un città massacrata dalle incursioni aeree.

L’allieva di Adler

Prima artefice di quella costruzione fu una maestra svizzera, Margherita Zoebeli, allieva di Alfred Adler, uno dei tre fondatori della psicanalisi con Freud e Jung ma l’unico (anche per questo sottovalutato) a essersi occupato seriamente di pedagogia. Margherita aveva già coordinato e diretto, sempre per conto dei sindacati svizzeri, una spedizione a Barcellona negli ultimi giorni della resistenza della popolazione al franchismo, portando in salvo decine e decine di bambini “orfani della Repubblica”, attraverso la Francia (e molti vi furono accolti dalle istituzioni francesi del Fronte Popolare, anche, credo, per vergogna della loro decisione del “non intervento” nel conflitto).

Dopo la Liberazione

Una seconda spedizione Margherita la fece a guerra finita, a Rimini, la città scelta dai sindacati in ragione delle sue rovine, nei primi giorni della Liberazione, prima per studiare la situazione e prendere accordi con i nuovi poteri amministrativi e poi una seconda volta, attraverso il Po su un ponte di barche, con camion carichi di legname e di operai...

Una nuova pedagogia italiana

Era ancora molto giovane (nel ’45 aveva da poco trent’anni), ma molto convinta dei suoi doveri e della sua missione, e rapidamente il Ceis diventò uno dei punti fondamentali per la nascita di una nuova pedagogia italiana, mutuata dall’esperienza francese di “scuola attiva” ideata e promossa da una formidabile coppia di maestri elementari, Céléstin ed Elise Freinet.

Da loro era nato il Movimento di Cooperazione Educativa (Mce) che raggruppava insegnanti elementari e che, attraverso un’altra organizzazione, i Cemea, Centri per l’educazione attiva, organizzava colonie di vacanza e altro, e formava “monitori di colonia” con brevi corsi residenziali di dieci giorni per giovani studenti e maestri/e – che in Italia erano spesso ospitati nel castello di Sermoneta dalla principessa Caetani, straordinaria mecenate delle arti e non solo, finanziatrice della bellissima rivista diretta da Giorgio Bassani “Botteghe Oscure”. Il Mce nacque per l’esattezza a Fano grazie a Giuseppe Tamagnini e altri maestri frequentatori del Ceis.

Quelle estati da educatori

Dal Ceis passarono i migliori pedagogisti del tempo, come i nostri Borghi, Capitini, De Bartolomeis, per confrontarsi con Margherita e il suo gruppo sui tanti problemi pedagogici, sull’idea di una educazione attiva, anti autoritaria, negli anni della ricostruzione.

D’estate è capitato a molti educatori della mia generazione, per esempio a una educatrice e scrittrice di altissimo valore come la napoletana Fabrizia Ramondino, di lavorare per un mese almeno nelle colonie organizzate dal Ceis. Di quest’esperienza ho un ricordo bellissimo – per le amicizie che mi feci, per i bambini che vi conobbi con alcuni dei quali rimasi in contatto per anni. E per certe lezioni di vita, lezioni di concretezza, che seppe tranquillamente impartirmi, mite e dura insieme, Margherita.

Una lezione che non dimentico

Ne ricordo una in particolare. Nel turno in cui ero monitore c’erano tre gruppi di bambini di provenienza diversa. Quelli dell’Eca (Ente comunale di assistenza) di Trento, quelli di una cooperativa di contadini di Molinella intitolata al grande Massarenti, quelli infine figli di operai dell’Olivetti di Ivrea. Con altri monitori e monitrici, diciamo pure sobillati da me, protestammo perché i bambini dell’Olivetti avevano diritto a un piatto di carne molte volte la settimana, e gli altri solo due o tre.

Margherita mi convocò a Rimini e fu durissima, dicendomi grosso modo quanto segue: «Sei un idealista, uno stupidello. L’Olivetti paga per ogni bambino una retta molto alta, ed esige per contratto la carne a pasto tot volte la settimana; la cooperativa Massarenti paga più o meno per ogni bambino la metà della retta olivettiana, mentre i trentini sono i più poveri e la loro retta è bassissima. È con i soldi dell’Olivetti che riusciamo a dare qualche piatto di carne anche agli altri bambini».

Fu una lezione di economia politica e di realismo amministrativo di cui ho dovuto tener conto in altre esperienze.

Mi è capitato tanto tempo dopo di assistere nel cimitero di Rimini alla traslazione del corpo di Margherita da un tomba a un’altra, e proprio in quel giorno c’erano a Santarcangelo i funerali di un altro grande amico-maestro ai quali non riuscii a partecipare, Tonino Guerra, ed eravamo a due passi dal luogo della tomba del grande Federico...

*giornalista e critico cinematografico, letterario e teatrale italiano

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