Marco Paglia, il ravennate che ha creato Google Play

Ravenna

RAVENNA. Nessuno potrebbe mai immaginare che in quel triangolino pigiato sulla app di Google Play, logo celeberrimo nel mondo, ci sia un po' di Ravenna. Che gli interfaccia utilizzati per il suo utilizzo da sistema Android, e non solo, siano concezione della mente di un ravennate. Ma era Marco Paglia a coordinare il gruppo di grafici e programmatori che diedero la prima veste ad uno degli strumenti oggi più utilizzati da ogni genere di smartphone. Perché c'era anche lui nella dozzina di designer che Google assunse agli albori di quell'epoca che cambiò economia e società mondiale.
Quarant'anni, dieci dei quali passati in Silicon Valley, da ragazzo aveva studiato al liceo classico Alighieri e dopo aveva scelto il Politecnico di Milano «senza sapere nei dettagli cosa fosse il design – sorride –, ma volevo fare qualcosa di un po' diverso da tutti i miei coetanei che erano naturalmente orientati verso Bologna». E così, nonostante una formazione prettamente umanistica, va a cercare la frazione più tecnologicamente esposta della disciplina che aveva scelto. Anzi, nel momento in cui gli si prospetta l'opportunità di andare in Australia, a Brisbane, la città dove la Warner Bros costruisce la veste grafica dei propri videogame, la coglie al volo e impara ad unire al design la programmazione informatica. Paglia è il terzo ospite di "Ravenna Andata e Ritorno", il ciclo di conversazioni online che ogni mercoledì si tiene in videostreaming, con l'organizzazione di Art-ER insieme a Tecnopolo di Ravenna, Laboratorio Aperto, CoLaboRA e Cresco Coworking.
Nel confronto colloquiale ma intenso ripercorre il ritorno dal Queensland, dopo il quale aveva deciso di progettare con amici l'interfaccia di un lettore Mp3: «Di mezzo, dopo la laurea, ci fu una borsa di studio vinta col Leonardo, a Parigi. Ma il lettore fu effettivamente prodotto, da Lg». Non solo così nacque quello che venne commercializzato come Lg-fm37 ma gli screenshot pubblicati sul progetto non passano inosservati: «Mi chiamò Nokia e rapido fu il trasferimento a Londra». Sono gli anni in cui esce il primo I-Phone, ma la multinazionale finlandese è ancora sulla cresta dell'onda. Il mondo però sta mutando e anche Nokia si attrezza laddove c'è il fulcro del cambiamento, ovvero nella Bay Area di San Francisco. Marco è attratto da quel fermento: «Chiesi di far parte della nascente divisione in California, in tre ore mi dissero di sì. Mi ero appena fidanzato e tornai a casa con la notizia e il primo ostacolo fu chiaro: la green card per lei, se mi voleva seguire. Quindi anche se la conoscevo da pochi mesi le chiesi di sposarmi. Ora con Marie, che è danese, abbiamo due bambini». Due anni dopo, arriva la proposta di Google: «Sono rimasto lì per 8 anni. C'è stato il coordinamento del team di Google Play, nel quale all'inizio eravamo meno di quindici e quando me ne andai attorno ai 300. Poi la stessa esperienza, sempre nella galassia Google, per Youtube». Dopo poco meno di un decennio, Marco sente voglia di casa e mentre lo assume Uber, dove resterà un anno, già lavora al rientro attraverso Musixmatch: "Ora lì sono capo del prodotto, a Bologna. Prima i bambini studiavano italiano a San Francisco, ora sono in una scuola di lingua inglese in Italia – spiega -. Ma ho capito che dovevo tornare guardando uno spettacolo di Giacobazzi: diceva che una persona che sa andare lontano è quella che conosce le proprie radici". Quando cambia lavoro ha tre direttrici: «Trova un buon capo, una buona community di colleghi e cerca uno scopo». E mentre attorno a lui cambia anche il mondo, per via di una pandemia che ha ridisegnato le nostre priorità, Paglia ha una certezza: «Non dovremo de-umanizzare la realtà, ma umanizzare la virtualità». Appuntamento con Ravenna Andata e Ritorno domani alle 17:30 con Cliò Agrapidis, per partecipare iscrizioni qui: https://bit.ly/35P1wMZ .

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