Marco Bravura alla Pallavicini22 di Faenza: l'intervista

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“Per quindici anni mi sono coricato presto la sera”: così si intitola la personale di Marco Bravura nello spazio Pallavicini22 di Ravenna.

L’evento dedicato al mosaicista di fama internazionale è curato dal critico Luca Maggio e vede l’artista direttamente protagonista. È lui infatti “a fare la mostra”, cioè a ripercorrere in diretta davanti al pubblico il suo iter creativo a metà tra «una sorta di incessante e seducente inno alla vita e un aspetto più critico e sociale talvolta non privo di ironia», concentrandosi in particolare sugli ultimi produttivi quindici anni in Russia.

L’uomo e l’artista

Ravennate, classe 1949, artista dalla pienezza di vita e di arte, genio e talento innati, figlio del mondo, Bravura ha annoverato successi dopo successi e la sua fama di mosaicista è giunta in ogni parte del pianeta come le sue opere, disseminate dalla Russia a Beirut, dall’Europa all’America. Dopo aver vissuto a Venezia e viaggiato e soggiornato in diversi paesi, dallo Sri Lanka all’Afghanistan, dalla Spagna all’India agli Stati Uniti, è tornato nella sua città natale. Era il 1980 e qualche anno dopo ha aperto il suo studio a Ravenna, dove ancora oggi opera alternando il suo lavoro con quello in Russia, nella casa studio di Tarusa, a cento di chilometri da Mosca.

La Russia

Qui da 15 anni coltiva la sua arte di mosaicista e realizza opere in stretto contatto con la comunità che lo ha accolto e dove lui si sente a casa, «avendo ritrovato – come racconta – lo stesso tipo di fermento, di energia creativa, che ho vissuto durante l’infanzia romagnola». Vita avventurosa e ricca, la sua, al fianco della compagna Daniela Lombardi.

L’attualizzazione della tradizione musiva

Grande merito, il suo, quello di aver saputo con grandissima genialità e originalità, attualizzare nella contemporaneità, la tradizione musiva, genius loci della città bizantina. Bravura ha anche fondato una Scuola di mosaico a Beirut. Tra i tanti prestigiosi riconoscimenti, ha vinto il primo premio della Biennale d’arte romagnola sezione mosaico nel 1998. Ha esposto in numerose mostre in Italia e all’estero, tra cui la Biennale di Venezia (2011) e la IV Biennale d’arte contemporanea di Mosca. I suoi lavori figurano in piazze, strade, centri storici, musei, istituzioni, banche, collezioni private in Europa, Russia e Stati Uniti.

Dalla sua affabilità è scaturita una chiacchierata in cui svela come la sua vita sia davvero un mosaico, i suoi giorni milioni di preziose tessere in cui arte, cultura, popoli si intrecciano e si intersecano per nuove epifanie di capolavori ma anche di relazioni e di umanità.

«Dopo lo scoppio della guerra siamo ritornati in Italia ma poi abbiamo scelto di ripartire per la Russia, siamo già andati e tornati più volte, e questo ha colpito positivamente la comunità russa che ci accoglie, cosa che ci ha toccati profondamente. Tante sono state le dichiarazioni di affetto e di gratitudine. Tutti anche là nutrono un unico desiderio: la pace. Essere artisti e essere uniti nell’arte è un grande privilegio e la cultura è il vero ponte che unisce i popoli».

La tendenza dell’animo verso ciò che accade

Bravura, sensibile ai temi sociali, in costante dialogo con la realtà, ha realizzato opere parlanti colme di significati oltre che traboccanti di bellezza, basti citare “Lampedusa”, un pietoso sudario che rammenta la continua tragedia delle morti in mare. E ancora “Onde”, a simboleggiare quelle del mare Adriatico che unisce Italia, Croazia e Slovenia e a celebrare lo storico incontro del 2010, grazie a Muti e al Ravenna festival, avvenuto a Trieste, dei tre presidenti per la prima volta insieme dopo la Seconda guerra mondiale.

Poi c’è la grande scultura intitolata “Ardea purpurea”, nata all’insegna della pace tra i popoli. «L’ho creata a Beirut a ricordo del progetto “Le vie dell’amicizia” del maestro Muti per Ravenna festival quale segnale di speranza per una città martoriata da 17 anni di guerra. Fu commissionata dall’Associazione Italia-Libano proprio per evocare l’ideale di rinascita e di speranza. La mia idea fu quella di simboleggiare un’araba fenice, il mitico uccello che rinasce dalle ceneri: solo due ali però per ricordare l’Ardea purpurea. E le tessere rappresentano citazioni simboliche provenienti dall’intero pianeta, annodando simbolicamente etnie, culture, religioni in una libera creatività di andamenti e colori».

Tante le opere in Italia e in Romagna: a Rimini “Le vele” che ci ha detto «sono in attesa di essere riposizionate dopo l’incidente che le ha danneggiate»; a Ravenna tra le tante la rotoballa d’oro “RotoB” che accoglie i visitatori del Mar, e l’ultima “Pallet”, torre dorata donata alla sua città e collocata allo spazio Pop Up della Darsena.

La mostra fino al 21 dicembre

E ora l’esposizione ravennate dal titolo singolare, così spiegato. «In Russia la mia vita scorre con ritmi diversi rispetto all’Italia dove mi ricongiungo a famiglia e nipoti e dove partecipo spesso ad eventi. In Russia da 15 anni lavoro intensamente tutta la giornata e la sera, coricandomi presto, ho il tempo per produrre idee e dedicarmi alla lettura. Ho anche ripreso in mano La recherche di Proust e dall’incipit ho ironicamente preso il titolo dell’esposizione dove – avendo quasi tutte le opere dell’ultimo periodo in Russia e di questi tempi spostarle non è per niente facile – posso parlare di 15 anni di produzione intensa e mostrare filmati tra cui “My life in Russia” prodotto dalla tv russa e tante immagini. Anche se non mancano mosaici che alcuni collezionisti mi ha hanno prestato per l’occasione».

Prenotazioni: pallavicini22.ravenna@gmail.com

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