Marco Affronte: plastica, cosa stiamo facendo

Editoriali

La settimana scorsa abbiamo cercato di delineare le dimensioni del problema della plastica, soprattutto per l’inquinamento che essa rappresenta, in mare. Il problema, oltre che gigantesco, è attualissimo.

Sta avvenendo qui, e ora. Non si tratta solo di fronteggiare gli enormi quantitativi già presenti in ambiente, ma anche di capire cosa fare da subito dal momento che la produzione di plastica ha ancora e sempre più numeri enormi - solo l’Unione Europea ne produce 300 milioni di tonnellate all’anno – e per quanto noi facciamo, attualmente ogni anno altri 8 milioni di tonnellate di plastica finiscono in mare. Sono l’equivalente di più di un milione di camion della spazzatura. Questo numero non dobbiamo mai dimenticarlo, anche perché pone nella giusta prospettiva anche molte azioni, come le tanto di moda, pulizie delle spiagge da parte di volontari. Azioni lodevolissime e che hanno un significato simbolico e di formazione/sensibilizzazione importante, ma che, in pratica, non hanno nessun vero effetto concreto sul problema stesso. Insomma facciamone quante vogliamo, ma non usiamole per pulirci la coscienza, perché non spostano di un millimetro il problema.
Problema che è stato, e finalmente, affrontato anche a livello di istituzioni, con la spinta iniziale che arriva dall’Unione Europea. Nel 2018, proprio a seguito dell’enorme interesse dei cittadini per questa problematica, la Commissione Europa ha deciso di agire. A gennaio di quell’anno pubblica la Strategia Europea per la Plastica. Un documento di indirizzo, non legislativo dunque, ma che detta percorsi, strumenti e obiettivi. Un documento corposo e difficile da riassumere, ma che di certo parla di economia circolare, di migliorare l’economia e la qualità della plastica riciclata (meno del 30% della plastica, in Europa, si avvia al riciclo), di lavorare sul design e sul packaging dei beni che compriamo in modo che siano già pensati per il riciclo o il riuso, di sviluppare, spingere e fare crescere un mercato della plastica riciclata, di linee guida più chiare e complete sulla separazione dei vari tipi di plastica. E molto altro.
Un documento di indirizzo, accompagnato da, finalmente, normative. Ricordiamo l’importante “pacchetto” sull’Economia Circolare, formato da 4 direttive sui rifiuti, e il nuovissimo Regolamento sui porti e su come affrontare il problema dello smaltimento dei rifiuti in mare. E infine, se ne è parlato tanto, la Direttiva sulla plastica monouso. Che fa diverse cose, ma la più importante è il divieto, a partire dal 2021, di diversi oggetti di uso comune. Entro due anni diremo addio a: cotton-fioc, posate e piatti, cannucce, bastoncini per mescolare bevande, aste per palloncini, contenitori per cibo e bevande in polistirolo. È tanto? E’ poco. E’ un buon inizio, a mio avviso.
A tutto ciò si affianca ormai un aumentata sensibilità per il problema, che ritroviamo anche in provvedimenti e iniziative locali. Gli esempi sono tanti, e tutti sappiamo della (buona) ordinanza del Comune di Rimini per evitare l’uso di alcune plastiche in spiaggia. Sacrosanta, direi, e che comprende anche il divieto di fumare, visto che, a causa della maleducazione di una parte dei fumatori, le cicche di sigaretta sono ovunque; abbandonate a se stesse, come dovessero scomparire, mentre invece ci mettono dai 5 ai 12 anni per degradarsi in ambiente, e molto spesso alla fine finiscono in mare. In effetti, in Mediterraneo i rifiuti numericamente più presenti di tutti, in mare, sono proprio i mozziconi di sigaretta.
Ben venga dunque l’ordinanza anche se, da cittadino e fruitore della spiaggia, noto che in mancanza di adeguati controlli, bicchieri, cannucce e bastoncini sono tutt’altro che spariti. Si può fare meglio, ma almeno un segnale è stato lanciato.
(*) Naturalista e Divulgatore scientifico - ex europarlamentare

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