Il Mar e l'insostenibile leggerezza dei numeri

Editoriali

L’altro giorno sono andato alla Classense a restituire un libro. Poi sono uscito due volte per rispondere a una chiamata al cellulare. E sono tornato a prendere un altro libro. Quello che non sapevo è di aver partecipato con questo per ben tre volte alla Biennale del mosaico. Spettatore a mia insaputa, verrebbe da dire.
Sì perché stando a quanto raccontato ieri in conferenza stampa a quei 150mila spettatori complessivi dichiarati dal Mar si è arrivati così, anzi, soprattutto così. Ovvero aggiungendo al computo generale persino i passanti o chi, tuttora, ancora non sa nemmeno cosa sia la Biennale. Spettatori inconsapevoli, insomma. Ma pur sempre utili.
E’ vero che coi numeri ci si può giocare, ma fino a un certo punto. Ad esempio quelli forniti ieri alla città dal Mar sull’affluenza sono semplicemente improponibili. Oltre che controproducenti.
Perché con l’ossessione di superare il problema dell’affluenza agli eventi, alla fine se ne crea uno - più imbarazzante - di credibilità istituzionale.
Credibilità messa a dura prova anche quando nella lista dei media che hanno parlato bene della Biennale si aggiungono rispettabilissime testate come Cose di Casa o il Corriere laziale.
Per dirla in altro modo quei numeri non hanno nessuna valenza, se non quella di contare su una stampa eternamente distratta o diciamo così “compiacente” che li rilancia senza nessun vaglio critico.
Ma tornando ai numeri sarebbe bello che per una volta questa città (e chi ne amministra la cultura) si decidesse a rompere una volta per tutte questa fuorviante equazione, ovvero: “numero alto di presenze uguale ad alta qualità della mostra o della biennale di turno” (che per inciso con Chuck Close, e tanto altro ancora, di qualità da vendere ne aveva eccome).
Questa ossessione del contapersone come giudice supremo dell’arte e della cultura stride con lo sforzo di chi vorrebbe riportare il Mar fuori dalla bolla provinciale “post Spadoni” in cui è progressivamente caduto. E in cui, per quanto ne dicano il Corriere Laziale o Cose di Casa, purtroppo ancora si trova.

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