Malaguti: "Allenamento in palestra e uscite in bici: sentirsi in forma è una cosa seria"

Dal generale al particolare. Nel nostro caso, però, non si tratta di applicare il procedimento deduttivo reso celebre da Aristotele, ma di andare a sviscerare le indicazioni date da Alessandro Malaguti, ex ciclista professionista e ora preparatore presso il “Relab Center” di Vecchiazzano (Forlì), nella precedente puntata. Allora, Malaguti aveva individuato tre macro-cicli da seguire per arrivare pronti a un appuntamento agonistico che per molti appassionati, specie in Romagna, coincide con la Nove Colli, prova monumento del circuito granfondistico italiano. Stavolta, sempre lui, entra nel dettaglio, spiegando come organizzare i lavori in ciascuna delle tre fasi.

Fase uno: l'allenamento in palestra

Nella prima, della durata di due-tre mesi, la parte del leone, come già illustrato, è rappresentata dall’allenamento in palestra. «Un periodo di adattamento di questo tipo è necessario, soprattutto per chi non è abituato a svolgere attività sportiva – spiega Malaguti – nei miei programmi cerco di combinare il più possibile esercizi di coordinazione e propriocettivi con quelli per sviluppare la forza. Quando correvo io, e anche subito dopo, questo tipo di allenamento, che si può definire funzionale, non era molto diffuso, adesso, invece, anche grazie agli sforzi della Federazione che ha inserito nei suoi corsi per i tecnici diverse nozioni di lavoro a secco, ha preso decisamente piede. L’importanza di avere un buon controllo ed equilibrio è sempre più diffusa, come dimostra pure il successo dei video postati dal biker svizzero Nino Schurter, i cui allenamenti su YouTube spopolano».

Accanto a questo nuovo tipo di preparazione, non si può, comunque, prescindere da quella per la forza. «In base ai test effettuati da ogni singolo atleta, programmo il lavoro sui picchi di forza. Personalmente, infatti, preferisco questo tipo di esercizi, con molto carico e poche ripetizioni, piuttosto che quelli per la resistenza, con tante ripetizioni e basso carico. Certo, c’è un leggero rischio di ipertrofia, perché il muscolo tende a crescere, ragion per cui è bene tenere sotto controllo peso e massa, così da evitare un aumento eccessivo che sarebbe controproducente». L’altra avvertenza è farsi seguire sempre da persone preparate. «Quando si svolgono questi lavori, è fondamentale curare la modalità di esecuzione, perché farsi male è un attimo. Inoltre, l’allenamento va tarato sulle caratteristiche del singolo atleta: ciascuno, infatti, presenta un punto di partenza diverso e ha una sua specifica capacità di recupero». E la bicicletta, in questo primo blocco, che ruolo ha? «Ovviamente, bisogna anche pedalare ma senza cercare la prestazione, perché le sedute in palestra appesantiscono e rendono le gambe legnose. In questo periodo, quindi lavoro poco a livello metabolico; preferisco che, in sella, l’atleta svolga qualche esercizio intenso ma breve e cerchi, piuttosto, l’agilità. Vanno comunque inserite occasionalmente anche le uscite lunghe, di 3-4 ore, preferibilmente nel week-end: non ci sono controindicazioni a passare tempo sui pedali, a patto, però, di tenere il ritmo sotto controllo e non esagerare». Un’altra indicazione importante è la distribuzione dei vari lavori nell’arco della settimana. «Due giorni vanno sicuramente dedicati all’allenamento in palestra e due o tre alle uscite in bici. In alternativa, si può prevedere una giornata di corsa a piedi, anzi, meglio un paio, perché altrimenti non si riescono a generare gli adattamenti necessari. L’ideale, sarebbe svolgerne almeno una lo stesso giorno in cui si eseguono gli esercizi in palestra». Quanti giorni bisogna allenarsi, quindi? «Il minimo è tre, poi si può arrivare a un massimo di 6. In quest’ultimo caso, però, bisogna sapersi gestire bene. Chiaramente, il discorso varia da persona a persona: chi fa un’attività sedentaria, ad esempio, può anche sostenere 6 sedute settimanali, al contrario, se uno già fa un lavoro pesante e fisico, non lo consiglio. Ugualmente, dopo i 40-50 anni, non si dovrebbero superare i 4-5 allenamenti».

Fase due: si monta in sella e si pedala

Passando al secondo ciclo, si riduce il tempo in palestra e si aumenta quello trascorso in sella. «Questo secondo blocco è quello più variegato e personalizzato: l’obiettivo, è andare a cercare il miglioramento delle prestazioni. Per questo, nella mia impostazione, insisto inizialmente sui punti di forza/qualità dell’atleta, perché, a breve termine, è un approccio che paga di più, in quanto consente di esaltare le caratteristiche principali di chi alleno. Ciò non significa tralasciare del tutto eventuali lacune o punti deboli, tuttavia, il lavoro specifico su questi ultimi lo inserisco in una programmazione di più lunga durata, riservandolo alla seconda parte di stagione o al secondo anno di allenamento».

Difficile disegnare uno schema tipo, visto che gli allenamenti sono modellati sul singolo. «Diciamo che, in generale, per un paio di settimane si aumentano i volumi di lavoro e allenamento, poi si va a lavorare sulla resistenza alla forza, con lavori brevi ma intensi, di una durata che può variare dai 2 ai 30 minuti. Prevedendo sempre un minimo di tre sedute, quindi, una giornata va dedicata a un tipo di lavoro più intenso, una seconda a richiamare la forza massimale, anche in palestra, e la terza al lavoro metabolico, facendo della distanza in bici». La palestra, perciò, non va mai abbandonata del tutto. «Eccetto il periodo dedicato alle gare, gli esercizi in palestra vanno svolti sempre, se pur con frequenza differente: in questo secondo blocco, ad esempio, si può prevedere una seduta ogni due settimane».

Fase tre: la rifinitura

Si arriva, così, al terzo periodo, quello della rifinitura in vista delle corse. «E’ il momento più bello, perché si raccolgono i frutti delle fatiche sostenute in precedenza. In questo ciclo, quindi, si fanno pochi lavori ma intensi, che si possono anche evitare nel caso in cui si gareggi con frequenza, poiché, in quel caso, è la corsa a dare gli stimoli necessari. Quanto alla distribuzione settimanale degli allenamenti, si può prevedere una giornata più tosta con esercizi latticidi, per sviluppare la resistenza al lattato, mentre per il resto si fanno richiami periodici dei lavori già effettuati».

Obiettivo di una preparazione così congegnata è  permettere all’atleta di raggiungere più picchi di condizione durante la stagione. «Non lavoro sul mantenimento di una condizione stabile, ma cerco di far sì che chi seguo arrivi al momento di massima forma in corrispondenza degli obiettivi agonistici che si è prefissato. Ciò significa che in alcuni momenti si spinge a fondo e in altri si molla un po’, ragion per cui, è fondamentale un attento monitoraggio proprio per sapere quando caricare e quando, al contrario, rallentare. A mio avviso, infatti, non ha senso andare a mille per un’intera stagione: senza finire nell’overtraining, che si manifesta dopo più di un anno, si rischia comunque l’overreaching (accumulo di stimoli allenanti e non che determina un decremento a breve termine della capacità prestativa nda) da cui, comunque, ci si riprende in fretta. Ovviamente, facendosi seguire da un preparatore, sono situazioni che non si dovrebbero mai verificare. Inoltre, bisogna considerare che quanto più lentamente la condizione sale, tanto più lungo sarà il picco, frutto di una combinazione mentale e fisica di diversi fattori. Quello vero e proprio dura al massimo 2/3 settimane, tuttavia, se ne possono godere i benefici per un mese abbondante».

L’obiettivo finale, chiaramente, è dare il meglio di sé in gara. «Per quanto mi riguarda, sono per correre il più possibile, chiaramente con dei distinguo, legati all’età e al tipo di competizioni cui si partecipa: se prendo parte a circuiti di un’ora/un’ora e mezza posso gareggiare anche tutte le settimane, nel caso delle granfondo, invece, dipende dal tipo di percorso e da come lo si affronta. In ogni modo, a un amatore, raccomando di gareggiare il più possibile sia perché così è più facile trovare la condizione sia perché impara a gestirsi. Ad esempio, ai miei atleti che hanno come obiettivo stagionale la 9 Colli, consiglio di correre almeno un paio di granfondo nei mesi precedenti, un po’ per fare il punto sul proprio stato di forma un po’ per abituarsi alle dinamiche di gara, ovvero come muoversi in gruppo, come alimentarsi e come idratarsi. Dal mio punto di vista, infatti, è meglio cercare il proprio limite in queste corse “preparatorie”, al limite anche scoppiare, piuttosto che fallire la competizione-obiettivo, non concludendola o, al contrario, tagliando il traguardo senza aver dato tutto».

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